Eccoci immersi nelle nebbie e nelle oscurità del nuovo singolo degli Overlaps, giovane formazione veneta che torna in scena con un nuovo singolo dal titolo “White Line” dal fortissimo sapore inglese in bilico tra Eurythmics e The Prodigy. È un confine lieve e trasparente quello che ci chiama alla responsabilità di scegliere e di misurarci. È un momento fragilissimo da cui si deve passare. La nebbia, la provincia, la stasi: sono zone di confort dentro cui accade poco e niente e tutto si controlla. Il rock degli Overlaps mi trascina poi nella rabbia di dover rompere gli schemi. Almeno questo ci ho sentito io…
L’America nelle vostre canzoni. Perché? Cosa vi porta fin là…?
“Il sogno americano” di tutti i musicisti! Abbiamo influenze e background americane e internazionali nel nostro sound. Sin dal primo disco, anche se più metal e crossover come genere, abbiamo sempre cercato di creare un bel mix di suoni elettronici in aggiunta a riff incisivi di chitarra.
Vivere su linee di frontiera in qualche modo è utile per avere una visione di insieme? Oppure è il pericolo di uscire dalla zona di confort?
Si per noi vivere al confine significa avere apertura mentale e voglia di collaborazione con le diverse culture. Abbiamo avuto la fortuna e l’ opportunità di suonare molto all’ Estero, più che in Italia. Un abisso a livello di ricezione artistica/musicale. Austria e Germania soprattutto. Abbiamo avuto sempre buoni riscontri li e super ritorno dal pubblico.
Che poi vivete in qualche misura la provincia italiana. Anche quelle sono linee di confine. Bianche… o forse offuscate dalla luce dei grandi centri commerciali. Che cosa prendete da questo territorio per costruire la vostra musica?
La provincia italiana, con i suoi ritmi lenti, il suo silenzio e la sua routine, è un luogo che sa parlare in modo profondo a chi lo vive o lo attraversa. Ci sono le linee di confine tra il mondo urbano e quello rurale, tra il progresso e la tradizione, tra la quiete e il caos. Questi spazi di “mezzo”, spesso segnati da luci al neon o dal vuoto dei centri commerciali, possono diventare ispirazione per riflettere sulle contraddizioni e la bellezza nascosta di ciò che sembra marginale.
La musica che nasce da questo contesto può assorbire l’essenza di questi luoghi. La provincia offre una sorta di autenticità, una distanza dai centri di potere e dalle mode più passeggere, permettendo di concentrarsi su storie più intime e quotidiane, sulle emozioni universali che si esprimono in un contesto meno rumoroso. Da qui possono emergere sonorità malinconiche, che rispecchiano il desiderio di evasione o al contrario l’apprezzamento per la semplicità e la bellezza imperfetta di questi luoghi.
uesto territorio può anche suggerire una certa tensione, una ricerca di senso in una realtà che sembra statica ma che, sotto la superficie, è in continua trasformazione. È da queste atmosfere sospese che si può costruire un mondo sonoro fatto di contrasti: tra rumore e silenzio, tra malinconia e speranza.
Si sta tornando al rock suonato? Secondo voi in questo futuro di macchine stiamo tornando al suono underground?
In questo futuro ipertecnologico, si nota una tendenza a riscoprire ciò che è organico e imperfetto. Questo non significa necessariamente un ritorno nostalgico ai suoni del passato, ma piuttosto una fusione tra l’approccio DIY e l’innovazione moderna. Molti artisti che stanno emergendo oggi prendono ispirazione dall’underground, dalle sottoculture del rock, del punk e dell’indie, ma con una sensibilità contemporanea, spesso mescolando generi diversi.
Parlando del disco… cosa bolle in pentola?
L’idea è quella di racchiudere tutti i singoli realizzati in questi due anni in un disco. Stiamo lavorando a nuove canzoni e sicuramente ne inseriremo un paio nel nostro nuovo disco, il terzo.