Alessandro Zannier, l’artista che sta dietro il progetto Ottodix, compie quest’anno almeno 20 anni di carriera, un percorso che ha visto contaminazioni artistiche e musicali che lo hanno reso una figura unica nel panorama indie. Nel 2013, aveva celebrato i primi dieci anni con il Best Of “O.Dixea – best of Ottodix 2003>2013”. Oggi, con Il Milione – best of Ottodix 2014>2024 in uscita per Vrec Music Label, si racconta attraverso un disco che documenta un decennio di evoluzione artistica, con un’edizione speciale in vinile 45 giri e l’inedito “Marco Polo”.
1. Uno degli artisti più prolifici della scena indie, il tuo respiro internazionale che peso ha avuto nella produzione? Quanto ha determinato forme e dimensioni?
Più che prolifico, direi costante. Ho una media produttiva quasi inesorabile di 3 anni tra ogni album. Mi sembra un tempo ragionevole per realizzare un lavoro ponderato. Mi piace scrivere circa 4-5 brani all’anno, non eccessivamente. Probabilmente, è la costanza di idee e spunti stimolanti che mi mantiene in movimento. Per quanto riguarda il respiro internazionale, credo che, come artista visivo e musicale, sia essenziale pensare in termini globali. Se parliamo di successo all’estero, non posso dire di essere noto globalmente, ma ho avuto interazioni significative con realtà internazionali, come a Berlino e Pechino, e ho molti seguaci in Russia.
2. Dove hai avuto il maggior raccolto della tua lunghissima semina? Italia o “resto del mondo”?
La mia attività internazionale nelle arti visive ha sicuramente influenzato la mia musica, portandomi a suonare in contesti culturali italiani di respiro internazionale, come le Biennali di Venezia o il Galata Museo del Mare di Genova. La mia musica è sempre stata ancorata alla forma canzone, pur con contenuti culturali complessi. Ho cercato di evitare la “spocchia” della musica concettuale e di restare accessibile. Il mio lavoro in Italia è cresciuto grazie a circuiti internazionali che mi hanno permesso di portare il mio messaggio a un pubblico più ampio.
3. Questo disco segna una riflessione sui tuoi ultimi dieci anni. Come vedi questi momenti di consuntivo? Sono un’opportunità per cambiare direzione?
Per me è stato come fare un reset: chiudere tutto in un baule per liberare la mente e guardare avanti. Non mi interessa celebrare troppo il passato, anzi, non sono nemmeno uno che inserisce brani vecchi nelle scalette. Ma una raccolta come questa è un modo efficace per far conoscere il mio lavoro a chi ancora non mi conosce, riassumendo dieci anni di musica in un solo album. La scelta di un Best Of è ironica, ma utile per avvicinare nuovi ascoltatori.
4. Guy Debord diceva che i figli assomigliano più ai loro tempi che ai loro padri. Le tue canzoni riflettono il tempo che le ha generate o hai cercato di mantenere una tua identità a prescindere dai contesti sociali?
Mi sono sempre preoccupato di essere critico nei confronti della società, cercando di non adeguarmi ai trend. La mia musica non è mai stata una ricerca della “moda”, ma piuttosto una risposta alle dinamiche sociali. Le canzoni che ho scritto negli anni hanno trattato temi spesso in anticipo rispetto ai tempi. Ad esempio, nell’album Entanglement del 2020, uscito durante la pandemia, parlavo dei pericoli dell’iperconnessione globale, una riflessione che è stata riconosciuta anche in ambito accademico.
5. Il nuovo singolo “Marco Polo” sembra un manifesto per il movimento nella vita. È anche una denuncia alla staticità che viviamo nel capitalismo?
Sì, “Marco Polo” è un inno al movimento e al cambiamento. La staticità, soprattutto nel capitalismo, ci rende passivi e consumatori. Il pezzo invita a spostarsi, a non essere fermi, ma a vivere dinamicamente. Il capitalismo cerca di tenerci immobili attraverso la tecnologia, ma la vera evoluzione è quella che si genera dal cambiamento e dalla mobilità, sia fisica che mentale. La mia critica è proprio alla stagnazione che ci viene imposta.
6. “Marco Polo” segna l’inizio di una nuova produzione o stai già cambiando direzione?
“Marco Polo” è un brano celebrativo di vent’anni di ricerca musicale e artistica. In questo pezzo si mescolano le sonorità del synth-pop, dell’alternative e del cantautorato oscuro, uniti a una passione crescente per le armonie da colonna sonora. Non è solo un omaggio alla ricerca compiuta, ma anche un inizio per una nuova fase. Sto già lavorando al prossimo album, quindi il cammino continua.
Guarda il video ufficiale di “Marco Polo”: https://www.youtube.com/watch?v=gMmP7aRRvGA
Questa intervista mette in luce l’evoluzione di un artista che ha sempre cercato di essere in sintonia con il proprio tempo, ma senza mai cedere alle mode passeggere. La sua musica è un atto di resistenza culturale, in cui l’arte e la musica si intrecciano per raccontare la fragilità e la grandiosità dell’uomo in movimento.