É disponibile da giovedì 10 aprile 2025 su tutte le piattaforme digitali il nuovo singolo di musicista e songwriter Riccardo Gileno. Metà croato e metà canadese, di stanza a Trieste, la città che già dal nome (dall’etimologia di “terg”, mercato) rappresenta un luogo di scambio e contaminazione, Riccardo Gileno torna ad offrirci il suo personalissimo sguardo internazionale, con un intenso brano dal titolo “No need (big house in Malibu)“.
Il brano è l’ultimo capitolo prima dell’uscita del nuovo EP “From Beginning to End”, co-prodotto con Matteo Brenci, in arrivo venerdì 2 maggio 2025 via Mahogany Songs; ed un invito a prenderci una pausa, noi che siamo sempre di corsa, sempre di fretta, sempre attenti a come ci vestiamo, a come ci vedono gli altri, a cosa pensano gli altri, a come ci trucchiamo, a eccellere, a vedere le persone come nostre concorrenti, a dire necessariamente la nostra.
Abbiamo approfondito con lui il suo periodo di assenza e questo suo ritorno incredibilmente sentito e necessario. Ecco cosa ci ha raccontato.
- Come vedi il tuo cantare in inglese? Pensi che possa essere visto come un limite in un contesto di musica italiano, dove si canta prevalentemente in italiano?
Probabilmente mentirei, se dicessi che non è un limite. Ma mentirei anche se dicessi che non sto cercando di superarlo. Al momento, credo che questo EP sarà l’ultimo scritto in inglese, poiché ho intenzione di mettermi alla prova con l’italiano. Anche se, a costo di suonare banale, la musica debba seguire un linguaggio, più che le lingue. Il problema di oggigiorno è che deve seguire anche un mercato.
- E partiamo dal titolo del tuo ultimo singolo “No need (big house in Malibu)”. Di cosa parla, e che cosa c’entra una casa a Malibu?
Diciamo che la casa a Malibu è solamente un esempio, che stava bene nella metrica del brano. Però rende l’idea dell’eccessiva tensione verso il successo, verso l’eccellenza. Prestiamo molta attenzione a ciò che possediamo, al modo in cui compariamo agli occhi degli altri, senza però considerare ciò che siamo umanamente, o come ci comportiamo. Puoi anche avere una casa enorme a Malibu, ma se non hai nessuno che vuole condividerla con te o non hai il tempo di godertela davvero, che senso ha?
- Possiamo dire che il tema principale di questo pezzo, in generale un invito a rallentare, sia anche un po’ il concept del tuo nuovo disco in uscita?
Non direi, in realtà. Non c’è un vero e proprio concept dietro questa uscita, se non la linearità di una storia. Una storia qualunque, che potrebbe essere di chiunque, in cui emergono e si toccano vari argomenti: l’infatuazione, il desiderio sessuale, l’auto-inganno, il dolore, il rilascio. E la necessità di respirare, come nel caso di “No Need.” - E musicalmente parlando, come sei cresciuto o cambiato durante la tua assenza?
Credo di essermi evoluto molto, in questi anni. Ritengo che i brani contenuti nell’EP siano i migliori che io abbia mai scritto e i più completi anche a livello sonoro. Che magari non è granché nel quadro generale delle cose, ma è molto per me. - E che ruolo ha avuto il Covid nel tuo percorso musicale?
È stato un grande nemico, purtroppo. Ha bloccato necessariamente le mie idee per lo sviluppo del mio progetto, visto che a me piace molto di più stare sul palco che stare in studio. L’aspetto positivo è che mi ha permesso di scrivere anche brani come questi, che ora finalmente vedranno la luce.