Un viaggio dentro Punto a Capo, il disco di debutto di Milena Melchiorre: tra filosofia, fragilità, nuove partenze, collaborazioni preziose e brani che raccontano l’identità profonda dell’artista. Un dialogo sul modo in cui un “punto a capo” non è una fine, ma un vero cominciamento.
INTERVISTA — MILENA MELCHIORRE
1️⃣ “Punto a Capo” è un disco che parla molto di cicli, ripartenze e fragilità. Qual è stato l’episodio della tua vita che ha davvero segnato il tuo “punto e a capo”?
«In realtà il titolo dell’album in modo velato sta proprio a significare che il vero inizio non è quello temporale, ma quello che procede e prende forma solo dopo un evento scaturente, e questa cosa può accadere in qualsiasi periodo della vita: non ci sono né età né modi che possano fermare un punto e a capo, che può sembrare un “riniziare” ma è semplicemente un cominciamento (in ambito filosofico).
Nella mia vita è esistito il punto a capo di cui parlo: sono stata bocciata al primo anno di liceo (sbagliando scuola) e paradossalmente è stata una delle cose migliori che mi siano accadute. Ho capito che dovevo imparare a conoscermi e a seguire l’istinto, che poi mi ha portata a scegliere la scuola giusta per me. Ed è proprio in quel momento fragile che ho capito che la scrittura, che era sempre stata al mio fianco, poteva emergere con me.»
2️⃣ Le tue canzoni sembrano muoversi tra introspezione filosofica e spontaneità adolescenziale. Quanto la tua formazione in Filosofia influisce sulla tua scrittura?
«La filosofia è sempre stata quella scoperta, quella “miccia” a cui poi nell’adolescenza sono riuscita a dare nome studiandola, ma sono sempre stata una bambina curiosa che si poneva domande.
Spero e penso che sicuramente abbia influito, perché è proprio una delle fonti che, secondo me, tutti dovremmo avere di ispirazione.
Oltre a questo, mi piace portare le immagini personali a trasformarsi ermeticamente in parole: questo è quello che cerco di fare nei miei testi.»
3️⃣ Nel disco collabori con musicisti di grande esperienza. Che cosa hai imparato da loro, in studio o durante le sessioni?
«Sicuramente mi hanno trasmesso dedizione e passione, l’arte di stravolgere e di sentire la musica nell’aria: questo è ciò che un musicista porta dentro di sé.
Ringrazio Stefano Zaccagnini (chitarrista e arrangiatore dell’album), che ha creduto in questo progetto e ha trovato le immagini musicali giuste per esprimere al meglio musica e testi.»
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4️⃣ C’è un brano del disco che senti più “tuo” di tutti? Quello che, se dovessi far sentire a una sola persona per spiegare chi sei, sceglieresti senza esitazioni?
«Sì: Mi sono permessa.
Credo che quando una persona ascolta un brano, in generale, dia una propria interpretazione — per questo non mi piace spiegare un brano.
Ma in questo risento molto la mia personalità profonda.»


