C’è una forza ruvida ma necessaria nel nuovo corso dei Mars Era. Dopo due album cantati in inglese, tra visioni psichedeliche e suggestioni space rock, la band torna con un EP che cambia pelle e prospettiva: “Calce” è il titolo del progetto, ma anche la metafora che li rappresenta oggi — una materia che unisce, protegge, resiste.
A segnare questa svolta, un nuovo approccio testuale, tutto in italiano, e un’intenzione sonora che non rinuncia alla potenza ma cerca un punto d’incontro tra impatto e significato. Brani come “Sciacalli” lo dimostrano: la rabbia diventa voce, la voce diventa denuncia.
Ne abbiamo parlato con loro, per capire meglio dove stanno andando — e da dove ripartono.
“Sciacalli” è una presa di posizione netta contro chi approfitta della fragilità altrui. Com’è nato questo brano e quanto vi siete messi in gioco emotivamente nella sua scrittura?
Ci siamo parecchio messi in gioco ed eravamo appesi al filo comune di un’incazzatura cresciuta via via nel corso di diversi mesi.
Non per disguidi interni – bentintesi – in quel periodo eravamo molto concentrati nello scrivere i brani di Calce. Ci sentivamo dubbiosi e sfiduciati su tutto quello che stava succedendo intorno a noi. Avevamo conosciuto solamente persone poco raccomandabili, che abbiamo debitamente e velocemente allontanato, perché ritenute poco professionali.
Avete scelto di passare dall’inglese all’italiano: è stata una decisione artistica o una necessità comunicativa? In che modo ha cambiato il vostro modo di comporre e raccontare?
Abbiamo scelto di virare verso l’italiano per dare un cambio forte e d’impatto rispetto a Dharmanaut ed Oniro, i due precedenti album. Sentivamo la necessità di dover esprimere temi che riguardano la vita normale, quella di tutti i giorni. Avevamo necessità di andare dritti al punto, per farci comprendere al cento per cento. L’italiano, che è ovviamente la nostra lingua madre, è stata la scelta più logica ed essenziale.
Il nuovo EP è intriso di riferimenti esistenziali e tensioni sociali, ma con un impatto sonoro potente e diretto. Cosa vi ha ispirato nel trovare questo equilibrio tra contenuto e impatto?
C’era una nota pubblicità che i tifosi del calcio ricorderanno, diceva: la potenza è nulla senza il controllo.
La riteniamo sempre attinente: un messaggio va veicolato con il giusto vigore, la giusta energia, ma senza il controllo si tende a perdere il significato perché tutto si confonde nel frastuono, nella psichedelia.
Abbiamo cercato di essere più “quadrati” in questo nuovo lavoro, mettendo in risalto il significato dei contenuti con le melodie strumentali. Non abbiamo però voluto perdere la nostra parte prog e psichedelica, ci esce naturale nel sound Mars Era, è stato naturale continuare ad evolverci in quella medesima direzione senza snaturarci troppo.
Il titolo del prossimo album sarà “Calce”, un materiale che unisce e protegge ma che ha anche connotazioni visive molto forti. Cosa rappresenta per voi e come si lega ai temi dell’intero disco?
La calce con l’acqua crea la malta.
Noi siamo la calce, l’acqua è la musica che ci unisce.
La malta pertanto è ciò che è per noi Mars Era: un’unione solida e compatta.
Dave: Abbiamo lavorato tanto sull’impostazione e la struttura delle tracce, cercando di essere più concisi rispetto ad Oniro. Max Zanotti ha fornito un aiuto essenziale nel farci capire come valorizzare determinati passaggi ritmici nell’intrecciarsi della struttura del brano. Abbiamo lavorato parecchio su cori e back voices per far sì che la voce avesse un ruolo il più simile possibile a quello di uno strumento.