Con Everest, Littamè firma uno dei suoi brani più intensi e personali. Una canzone che nasce da quel nodo allo stomaco che arriva quando il peso delle aspettative diventa quasi insostenibile: essere all’altezza, non deludere, sorridere anche quando dentro si trema. Everest è il racconto di una pressione silenziosa, del bisogno urgente di spegnere il rumore esterno per ritrovare la propria voce, anche a costo di perderla.
Il singolo si muove su un’atmosfera densa e profonda, costruita su bassi avvolgenti e suoni scuri che accompagnano un crescendo emotivo fino a un ritornello quasi urlato, senza fiato, dove fragilità e forza si incontrano. È una confessione trattenuta a lungo, che esplode senza filtri e senza compromessi.
In questa intervista per il MEI, Littamè riflette sul significato di Everest, sul suo percorso artistico e sulle sfide di chi sceglie di fare musica oggi: dal rapporto con le aspettative al valore della sperimentazione, passando per il coraggio di non deludere se stessi.
Che consiglio daresti a un giovane artista che sta iniziando la sua carriera nella musica, prendendo in considerazione anche il messaggio di Everest?
Di non mollare mai. Le occasioni sono sempre dietro l’angolo e non sai mai quando arriverà il tuo giusto momento, quindi non puoi rischiare di perderlo. Secondo me anche le collaborazioni con altri artisti o professionisti che si occupano di musica sono molto importanti: ti aiutano ad allargare le tue visioni, le tue idee, le tue conoscenze. Ognuno ha un proprio percorso, la cosa più importante però, secondo me, è proprio quella di non lasciarsi andare allo sconforto e di vincere qualsiasi sfida ti si proponga davanti. Se si vuole fare questo, un modo lo si trova sicuramente: le tue aspettative su te stessa te le devi creare tu, non lasciare spazio a quelle degli altri.
Qual è stata la lezione più importante che hai imparato finora nel tuo percorso musicale, anche in relazione a brani come Everest?
La lezione più importante che ho imparato è che decidi tu quando deve finire questo percorso. Finchè ci credi tu questo funziona, può andare avanti, evolvere, muoversi. Sei tu che decidi per te stessa, come in Everest bisogna perdere la voce per dare spazio ai propri desideri senza farsi schiacciare dalla paura di deludere qualcuno, perchè la cosa più importante è non deludere se stessi.
Come hai affrontato le critiche e le sfide durante la tua carriera, specialmente con il lancio di singoli come Everest?
Le ho lasciate scivolare giù perchè chi critica negativamente, secondo me, non si è mai messo nei panni degli altri o non ha mai provato a capire del tutto ciò che le parole nascondono a volte. Un conto sono le critiche costruttive, quelle fanno bene la maggior parte delle volte, quelle cattive invece bisogna imparare a dimenticarle. C’è stato un momento in cui in una mia canzone ho inserito una parola poco carina ed è stato ovviamente motivo di critiche ma non hanno capito il perchè ho inserito quella parola, forse non se lo sono mai nemmeno chiesto e va bene così: in caso sono sempre qui per rispondere a questo “perchè”, spiegando il mio punto di vista. In più siamo costantemente di fronte a sfide basta trovare il giusto modo per affrontarle e la giusta motivazione.
Cosa consigli a chi sta cercando di trovare la propria voce artistica come hai fatto tu con Everest?
Sperimentazione. Secondo me questa è una parola chiave. Per cercare la propria cifra stilistica l’importante è provare tantissime cose per poi capire quale ti appartiene di più, trovando così il tuo centro.
Qual è il tuo mantra personale che ti tiene motivata nel mondo della musica, considerando il tuo lavoro su Everest?
Io ho provato a stare senza musica per un periodo della mia vita, perchè temevo non fosse la strada giusta, ma non sorridevo più. Mi tiene sveglia, mi rende felice, mi svuota di sensazioni negative e mi riempie di emozioni positive, mi fa stare male, mi fa stare bene, mi tiene viva. Ho capito che per me è essenziale che ci sia nella mia vita, in qualunque forma lei voglia esserci. Per citare il testo del mio nuovo singolo: canterò “fino a perdere la voce”!


