Ogni disco è un viaggio. Ma ci sono album che non si limitano a portarti da un punto A a un punto B: ti costringono a guardarti dentro, a smontarti e rimetterti insieme con una nuova forma. È il caso di “Uomini Cani Gabbiani”, l’ultima opera del duo LE FESTE ANTONACCI che si muove tra lotte intime e rivelazioni improvvise, in un cammino sonoro fatto di sottrazione, tensione e intuizione.
L’album non nasce da un’urgenza esplicita, ma da un movimento sotterraneo, un accumulo di esperienze, emozioni e improvvisazioni che col tempo ha trovato la sua forma, affiorando come una necessità che si impone da sola.
Li abbiamo intervistati seguendo proprio la struttura del “viaggio dell’eroe”: una narrazione archetipica, perfetta per chi — come loro — ha attraversato un cambiamento reale, umano e artistico.
🎤 L’intervista
Ogni viaggio dell’eroe inizia con una “chiamata”. Qual è stata la vostra? Il momento in cui avete capito che Uomini Cani Gabbiani doveva nascere?
Più che una chiamata è stato un movimento lento che si è materializzato in questa raccolta di brani. Sono delle idee musicali figlie di due o tre sessioni di improvvisazione sparse negli ultimi tre anni, che stavano lì a crescere sottoterra a nostra insaputa e pian piano sono emerse. Nei pezzi si sono delineate tematiche coerenti, come una necessità che affiora senza che sia esercitata una particolare forma di controllo. E alla fine è venuto fuori un discorso che aveva senso insieme.
Nel disco si sentono battaglie interiori, corse, rivelazioni. Qual è stata per voi la sfida più grande da affrontare scrivendolo?
Il testo di “Ora è meglio di prima” è stato veramente difficile. Trovare delle parole che ci soddisfacessero, che si sposassero bene con la musica e l’ambiente del pezzo, è stata una lotta. Ogni volta che si apriva una pista interessante, dopo ore di esplorazioni quasi psicanalitiche, non reggeva fino al giorno dopo. Il pezzo non ha nessun paravento ironico dietro cui nascondersi, ed era sostanzialmente una prima volta, “nudi” di fronte alla necessità di dire una cosa.
L’altra grossa difficoltà, più di ordine sonico, è stata cercare di mantenere una certa piacevolezza in alcuni brani piuttosto pungenti, senza perdere energia e la giusta cattiveria.
C’è sempre una “guida” o un incontro che cambia la prospettiva: chi o cosa vi ha aiutato a guardare le vostre canzoni da un altro punto di vista?
Una sola guida non c’è stata. Più un gruppo di persone i cui movimenti di sopracciglio e di piede confermano la direzione presa o la demoliscono. Di fronte a una conferma bene, di fronte a una demolizione bene lo stesso: anche perché è già un travaglio non da poco trovare una via che sia sintesi della visione nostra, che siamo comunque due e non per forza d’accordo!
Nella dualità riusciamo ad avere cambi di prospettiva che nella solitudine sono impossibili, e diventiamo la nostra stessa guida — pessima forma di governo, ottimo viatico di creatività: trovare soluzioni sbagliate a errori di fondo e uscirne con tutt’altro.
Alla fine del viaggio, l’eroe torna a casa trasformato. Dopo aver chiuso l’album, cosa vi portate dietro? Cosa è cambiato in voi, musicalmente o umanamente?
Musicalmente questo album è per noi un gradino importante verso un’ambizione sonora che è diametralmente opposta alla nostra tendenza naturale. Qualcosa di musicalmente più sintetico, pochi elementi chiari, solo idee forti e utili strutturalmente e sonicamente, e una maggior capacità a rinunciare e cancellare piuttosto che forzare le idee una sopra l’altra.
La poetica per così dire è più disinibita: abbiamo voglia di offrire un punto di vista, quale che sia la tematica, e di assumerne le responsabilità anche se ciò vuol dire esporsi emotivamente.
Effettivamente sentiamo che quest’album è la chiusura di una fase e l’apertura di una nuova, con meno filtri e idee più chiare.
🎧 “Uomini Cani Gabbiani” è disponibile ora su tutte le piattaforme digitali
🔮 Le Feste Antonacci è un progetto che scava dentro, ma ti restituisce qualcosa di vivo. Di vero. E di trasformato.