Con il loro EP d’esordio Laica Luna, l’omonima band proveniente da Trieste ci consegna cinque brani che mescolano sapientemente psichedelia, grunge e rock alternativo. Un progetto intenso, stratificato, che si muove tra immersione e distacco, tra intuizione e riflessione, come a voler scandagliare le contraddizioni dell’esistere senza mai offrire soluzioni preconfezionate. “Laici”, sì, ma tutt’altro che disincantati.
Il titolo stesso dell’EP è una dichiarazione d’intenti: guardare al mondo con occhi liberi, senza dogmi, ma con sensibilità e profondità emotiva. I Laica Luna cercano la risonanza più che la risposta. E questa risonanza, anche grazie a una scrittura ispirata e ad arrangiamenti che non hanno paura di osare, arriva.
Ad aprire le danze c’è “Fascino austero”, un manifesto di libertà personale e resistenza alle imposizioni esterne. Con sonorità tese e graffianti, il brano denuncia il potere dei falsi profeti, di chi pretende di imporre visioni rigide e autoritarie. Ma, come dichiarano gli stessi Laica Luna, esiste una via di fuga: restare se stessi, impermeabili al fascino austero dell’omologazione. Il brano è anche un omaggio alla rivoluzione basagliana, alla libertà come cura, e alla Trieste che ne è stata epicentro.
Segue “Stella polare”, brano più introspettivo e visionario. Un viaggio nello spazio interiore alla ricerca di un centro stabile, come un faro che guidi l’anima errante. Le atmosfere si fanno più eteree, il sound si apre a suggestioni cosmiche, mentre il testo riecheggia Battiato nella sua fame di trascendenza. Qui la band si dimostra capace di toccare corde profonde senza rinunciare a una certa malinconica eleganza.
Con “Martirio”, l’EP raggiunge il suo momento più oscuro e disturbante. Una discesa nei meandri della mente, nel buio della perdita di sé. Le chitarre si fanno taglienti, i ritmi disorientanti, mentre la voce racconta lo smarrimento identitario con lucidità dolorosa. È un pezzo crudo, che colpisce senza retorica, toccando l’abisso senza cedere al compiacimento.
“Una canzone semplice” è l’ironia che sorprende, un piccolo colpo di teatro surreale. Parte con la promessa di un brano orecchiabile, una “canzone semplice” come da titolo, ma poi si ribalta, svela il trucco, smaschera le aspettative. Come in un quadro di Magritte, ciò che sembra non è ciò che è. È un gioco metamusicale, intelligente e spiazzante, che si prende gioco della banalità del “tormentone”.
Chiude l’EP la bonus track acustica di “Fascino austero”, ambientata nelle osmize del Carso triestino. Qui il brano si smonta e si ricompone tra cori improvvisati, vino rosso e atmosfere goliardiche. È un addio in levare, una coda che alleggerisce e umanizza il messaggio iniziale, facendolo risuonare tra bicchieri e risate, in una dimensione più popolare e terrena.
In definitiva, Laica Luna è un EP compatto ma ambizioso, che riesce a fondere linguaggi musicali diversi in un racconto coerente e personale. È un lavoro che invita all’ascolto attivo, alla riflessione, ma anche al lasciarsi andare. Come la luna nel nome della band, è qualcosa che illumina ma non acceca. Un esordio maturo e pieno di promesse.
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