1. “La plastica nel cuore” è una metafora potente. Quanto credi che l’inquinamento emotivo e sociale rifletta quello ambientale? Pensi che curare il pianeta significhi, in qualche modo, anche curare noi stessi?
Luciano:
«Gabriele, hai risposto quasi a tutto con la domanda: mi complimento tanto con te, anche per aver colto alcune frasi chiave del testo. “Inquinamento emotivo” è una definizione perfetta e poetica che mi piace molto. Rispondo sì a tutto!»
2. Hai deciso di dedicare questo brano a Papa Francesco dopo una frase che ti ha colpito profondamente. Cosa rappresenta per te il suo messaggio e come pensi che la musica possa diventare un veicolo concreto di educazione al rispetto del creato?
Luciano:
«Avevo già scritto il testo di “Plastica nel mare” e ascoltare quell’intervista mi aveva colpito e gratificato. Il tema della canzone rispecchiava la parte del discorso di Bergoglio: un appello accorato a prendersi cura dell’ambiente. Il mio omaggio è proprio all’uomo Bergoglio e alla sua “umanità”, costantemente rivolta agli ultimi.
Nella copertina della canzone compaiono le scarpette rosse di lusso che non ha mai voluto indossare. La musica racconta la vita: come potrebbe non difendere il palcoscenico dove si svolge lo spettacolo? Come se una squadra di calcio sradicasse l’erba del prato prima della partita…»
3. Nel videoclip hai scelto di omaggiare l’arte essenziale e comunicativa di Cavandoli e della sua Linea. Cosa ti affascina di più di questo stile visivo e come pensi che la semplicità possa arrivare più forte di mille parole?
Luciano:
«Mi è capitato casualmente di vederlo e si è aperta una valigia di ricordi. Sono nato negli ultimi anni del Carosello, quando appena finito i piccoli andavano a dormire. Erano i primi cartoni animati che animavano il nostro immaginario. “La linea” era semplice e geniale, accendeva la fantasia a guardarla. Si può fare un paragone istantaneo con l’attualità, ora anche i più piccoli fanno giochi di ruolo e di guerra con i dispositivi e inviano messaggi a sconosciuti in chat nascoste. Questa è creatività che spegne. »
4. “Mi chiedo spesso quale sia il prezzo del mio andare”. Quanto ti ha cambiato, come artista e come persona, confrontarti con temi universali come l’ambiente e la responsabilità verso chi verrà dopo di noi?
Luciano:
«Si cambia con l’età, con le esperienze che hai vissuto, e la sfida però è che il cambiamento, la crescita, non tradiscano quelli che erano i concetti e i sogni di ragazzo, quando inizi a capire chi sei e a renderti conto di ciò che ti fa sentire vivo e parte di qualcosa. E’ l’Io collettivo, quello che ha fatto fare sempre passi in avanti all’umanità che oggi sembra sopraffatto dal “soggettivo”, dall’egoismo. Si cambia anche quando si diventa genitori e nel testo canto “tutto quello che ho trovato io adesso per te non c’è”. Mi sono posto la domanda, appunto, di cosa lasceremo a chi viene dopo di noi. Ognuno dovrebbe dare la propria risposta a questo concetto, credo.»