Come è nato il progetto artistico che porta il nome Navëe?
Navëe, in realtà, c’è sempre stata, aveva solo bisogno di uno stimolo per uscire allo scoperto.
Prima di entrare all’Accademia dei Filodrammatici, a vent’anni, ero indecisa se tentare un percorso teatrale da attrice o musicale, come compositrice o altro. Il destino ha fatto la sua parte ed ho cominciato a lavorare in teatro, mettendo temporaneamente a margine la mia creatività musicale.
Durante il periodo della pandemia, soprattutto nel secondo lockdown, ho vissuto una profonda tristezza e confusione rispetto alle scelte fatte e alle aspettative mancate. Per chi, come me, si è ritrovato chiuso in casa a ventisei anni per poi “uscirne” quasi a trenta, è stato un arresto violento del proprio percorso lavorativo ed esistenziale.
In quel periodo ho capito che i sogni, così come ci sono stati raccontati, sono spesso una chimera. Ho realizzato che possiamo fare affidamento solo su ciò che ci connette alla nostra identità e alle persone che amiamo. Così, incoraggiata dal mio compagno, ho acquistato una loop-station per vocalist, recuperato una piccola tastiera MIDI e ho iniziato a giocare con la musica, come una bambina che riscopre il mondo.
Dopo il lockdown, sono arrivate le prime opportunità: una performance per l’inaugurazione di una mostra al Castello Maniace di Siracusa, un’altra con i Guinea Pigs, e infine la collaborazione con Gianluca Agostini, che ha portato alla creazione del mio primo EP.
Presto porterai sul palco il tuo spettacolo-concerto “RÊVE-OLUTIÒN!”. In che modo si distingue rispetto ai tuoi lavori precedenti?
RÊVE-OLUTIÒN! sancisce la mia volontà di esplorare in profondità un genere ibrido. È il mio lavoro più punk e completo, con elementi di danza e clownerie.
Il filo conduttore dei miei progetti è l’assenza di una struttura logico-narrativa, sostituita da meccanismi associativi, con un forte radicamento in tematiche politico-sociali.
Da dove nasce la necessità di creare un progetto musicale multilingue?
È nato in modo istintivo. L’italiano è la mia lingua, il francese è una lingua del cuore, il dialetto milanese fa parte del mio background culturale, e l’inglese è una lingua comune alla mia generazione, soprattutto a livello musicale.
Quali sono i musicisti o performer che ti hanno ispirato nella creazione della tua identità artistica?
Sicuramente i Portishead e Beth Gibbons, i Radiohead, gli Air, Claudio Monteverdi, Gabriella Ferri, Edith Piaf, Fleetwood Mac e molti altri. Tra gli italiani, Daniela Pes è stata una grande ispirazione per il mio EP, mentre Emma Stone e David Bowie rappresentano figure trasversali che ammiro profondamente.
Ci dai qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti?
A metà dicembre ho debuttato con un progetto in solo, UMAN3, a Milano. È una performance più riflessiva rispetto a RÊVE-OLUTIÒN! e include diversi inediti che potrebbero confluire nel mio prossimo disco.
Inoltre, sto lavorando a un nuovo spettacolo con un gruppo di artiste francesi nella regione del Grand Est, dove i miei due mondi – quello da attrice e quello da performer – potrebbero fondersi.
Ascolta Navëe