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Il duo vicentino I sordi, formato dai fratelli Matteo e Riccardo Nicolin, torna con Ansia Diva, un singolo che racconta l’ansia quotidiana come una presenza ingombrante e quasi teatrale, capace di accompagnare il ritorno alla routine e i piccoli drammi del presente. Il brano anticipa l’uscita del loro primo LP Shockini, atteso per l’autunno, e si inserisce in un percorso musicale costruito a quattro mani, dove testi diretti e arrangiamenti imprevedibili si intrecciano in un equilibrio di ironia, fragilità e sperimentazione. Con Ansia Diva I sordi trasformano una sensazione collettiva in materia sonora, invitando l’ascoltatore a riconoscersi e, forse, a sorridere della propria stessa inquietudine.
1. Ansia Diva arriva a settembre, un mese che spesso porta con sé rientri, cambiamenti e inquietudini. Da cosa è nata l’idea di trasformare proprio l’ansia in una “diva”?

Non siamo neanche tanto sicuri di esser stati noi a trasformare l’ansia in diva. Certo, magari durante l’estate ci siamo nascosti dietro al risponditore automatico della mail dell’ufficio, ma a settembre l’ansia torna, ci riempie come pentole a pressione e noi via come locomotive verso nuove avventure. A volte la sensazione è che se levassimo l’ansia potremmo afflosciarci a terra, come se fosse lei a dare (o a dettare) la nostra forma e il nostro ritmo.

2. Il brano anticipa il vostro primo LP Shockini. Che tipo di percorso narrativo e sonoro avete immaginato per l’album?

I suoni e le storie di shockini vengono perlopiù dai suoni e dalle storie che affollano la nostra testa, dal rumore di fondo che sottostà e sostiene qualsiasi (tentativo di) ragionamento. Il rumore a volte ha un certo colore, a volte ne ha un altro, ma c’è sempre. Questo disco è una raccolta di quadretti dipinti con quei diversi colori.

3. Nella vostra musica convivono leggerezza pop e uno sguardo ironico sulla quotidianità. Quanto è importante per voi usare l’ironia come strumento per raccontare i disagi della vita adulta?

Non sappiamo se la nostra sia ironia, quello che vediamo è che cercando di allontanarci un pochino dal casino che è vivere in questo mondo e in questo tempo, la visione che ci troviamo davanti è grottesca, e da quel punto di vista a volte manco sta in piedi per cui, a volte, fa ridere. Non abbiamo intenzioni di raccontare qualcosa in una maniera particolare, il modo che abbiamo di raccontare le cose è conseguenza della natura delle cose che raccontiamo.

4. Come si è svolta la scrittura di Ansia Diva: è nata prima la musica o il testo, e in che modo vi siete confrontati tra di voi per arrivare alla forma finale?

È tutto partito dal ritmo sbilenco che si sente all’inizio, che è arrivato da sé, una mattina. Da lì nel momento in cui abbiamo aperto il microfono le prime parole uscite dalla bocca di Matteo sono state “devo pagare l’affitto”. Il resto è avvenuto abbastanza di conseguenza a questa prima frase.

5. Guardando alla scena indipendente italiana di oggi, in quale spazio vi riconoscete e quali artisti sentite più vicini al vostro modo di fare musica?

Non siamo molto in contatto con la “scena”, abbiamo degli amici che fanno musica che ci gasa, prima di tutto Manuel Bongiorni aka MUSICAPERBAMBINI (che abbiamo in un feat l’anno scorso, “cose che non riesco a dire” – dove quello che sentite quando canta lui è tutta farina del suo pazzeschissimo sacco). Sibode DJ è un altro da amare, unitamente al suo corpo di ballo ufficiale Troppo Kimberly. Ci piacciono gli artisti che ci sembrano dediti a fare esclusivamente quel che gli gira, senza tante pare o preoccupazioni.

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