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C’è una luce che attraversa “Fotosintesi”, il nuovo EP di Roberto Salis, uscito il 3 novembre. Una luce che non abbaglia, ma scalda. Che filtra piano tra le parole e i suoni, trasformando l’esperienza in energia. Come la fotosintesi stessa, questo lavoro è un atto di metamorfosi: assorbire il reale, elaborarlo, restituirlo in forma di musica.

Tre brani bastano a delineare un mondo. In essi convivono ironia e disincanto, rabbia e leggerezza, introspezione e movimento. Salis costruisce il suo universo sonoro con mani artigiane: suona tutto, dalle chitarre ai sintetizzatori, dal basso alla voce. Ogni elemento è parte di un respiro comune, un organismo vivo che pulsa e cresce. È musica che nasce da dentro e si espande verso l’esterno, come una pianta che cerca il sole.

In “Fotosintesi” l’ironia diventa una difesa sottile, un modo per sopravvivere alle assenze e alle contraddizioni del vivere. Il blues incontra il pop, la parola si fa graffio e carezza. E quando arriva l’elettronica, l’atmosfera si fa sospesa, quasi spirituale: un invito al cambiamento, alla trasformazione interiore, a lasciarsi attraversare dall’aria nuova.

C’è qualcosa di profondamente umano in questo EP: la voglia di non fermarsi, di continuare a mutare pur restando fedeli a sé stessi. Salis riesce a fondere poesia e groove, leggerezza e profondità, come pochi sanno fare. Il suo è un suono personale, libero, che parla di verità senza bisogno di proclami.

“Fotosintesi” non è solo un insieme di canzoni, ma un piccolo rito sonoro: un atto di rinascita, un invito a respirare, ad ascoltare il battito del cambiamento. È la prova che la musica, quando è sincera, può ancora illuminare.

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