Con il nuovo brano “Il vento sale”, Diletta Fosso ci invita a rallentare, respirare, perderci nei dettagli di una giornata qualsiasi che può diventare magia. Il singolo è un piccolo inno alla leggerezza, al desiderio di spontaneità, al sogno di un altrove che inizia in un caffè e finisce su un treno immaginario diretto verso Parigi.
Il pezzo, ricco di immagini poetiche e atmosfere cinematografiche, racconta la voglia di cambiare, di lasciarsi guidare dal vento, ma anche di restare ancorati a quei momenti quotidiani che sanno di verità.
Abbiamo chiesto a Diletta di portarci con lei tra i frammenti che hanno ispirato Il vento sale, in un’intervista che somiglia a una chiacchierata all’ombra dei Giardini delle Tuileries.
“Il vento sale” è una canzone piena di immagini urbane e poetiche: qual è il momento esatto in cui hai capito che questo viaggio musicale sarebbe iniziato a Parigi?
L’idea di Parigi è nata quasi naturalmente. Mentre scrivevo, le immagini dei binari illuminati come la Tour Eiffel e di Rue de Rivoli e i Giardini delle Tuileries mi sono apparse nella mente. Parigi, per me, rappresenta un po’ il sogno, la bellezza, l’arte, e mi sembrava il luogo perfetto per iniziare questo viaggio metaforico, un po’ come un set cinematografico dove tutto può succedere.
Nel brano si parla di libertà, spontaneità, attimi rubati alla quotidianità. C’è un ricordo personale che hai trasformato in musica senza neanche accorgertene?
Sì, credo che “Il vento sale” sia piena di piccoli frammenti di vita vissuta e sognata. Le immagini del prendere un thè o un “café au lait”, imbucarsi al cinema d’estate o cantare forte al centro commerciale sono tutte cose che ho vissuto o che vorrei vivere con quella leggerezza. Non c’è un singolo ricordo preciso, ma piuttosto un insieme di sensazioni ed esperienze che si sono fuse nella canzone, quasi senza che me ne accorgessi. È come un collage di momenti felici e spensierati.
La leggerezza del pezzo non è mai superficiale: quanto è difficile, oggi, raccontare la spensieratezza con autenticità, senza cadere nei cliché?
È una bella sfida, in effetti. Oggi è facile cadere nella trappola della superficialità, soprattutto sui social. Per me la chiave è essere sinceri con le proprie emozioni. Anche la spensieratezza può essere profonda, se nasce da un desiderio autentico di vivere a pieno e non da una fuga dalla realtà. Cerco di raccontare la leggerezza non come assenza di pensieri, ma come la capacità di trovare bellezza e gioia nelle piccole cose, anche in mezzo alle difficoltà. Spero che chi ascolta “Il vento sale” senta questa autenticità.
Se “Il vento sale” fosse una scena di un film, quale sarebbe? E tu, che ruolo avresti in quella scena?
Uh, bella domanda! Se “Il vento sale” fosse una scena di un film, immagino una sequenza in stile Amélie Poulain o Midnight in Paris, ambientata in una Parigi un po’ magica e senza tempo. Ci sarebbe un gruppo di amici che, in una notte d’estate, decide di lasciare tutto e partire all’avventura, magari su un treno immaginario. Sarebbero scene piene di luci, sorrisi, musica e momenti inaspettati, come cantare per strada o ballare sotto la pioggia. Io? Sarei sicuramente una di quelle amiche, quella che magari ha l’idea un po’ folle di partire all’improvviso, con Alfred (il mio violoncello) al seguito. Sarei quella che si lascia trasportare dal vento, con gli occhi pieni di meraviglia per quello che c’è oltre l’orizzonte.