Skip to main content

Con il terzo capitolo del loro progetto, i Grill Boys mettono in scena un vero e proprio «crollo delle maschere maschili», intrecciando meme culture, noir anni ’70 e punk-funk ribelle. In questa intervista per MEIWEB, la band ci guida nel cuore delle loro ispirazioni, dal protagonismo fragile di Giovane Giovanni alle atmosfere seducenti di “Lolita”, fino all’inno di rivolta di “Pirati delle etichette”.

Intervista ai Grill Boys

D: Giovane Giovanni è il protagonista della crisi: cosa ti ha spinto a raccontare il crollo delle maschere maschili in questo terzo capitolo?
R: Anche nel mondo social e dei meme abbiamo visto moltiplicarsi le sfaccettature della figura maschile — Sigma, Incel e così via. Io personalmente mi sono sentito sempre più debole, incapace di eguagliare figure del passato, quasi “inutili” di fronte al sesso femminile. Quella sensazione di impotenza e il bisogno di riscossa sono alla base dell’intero album.


D: In “Lolita” giocate con il potere della seduzione: come hai lavorato su testo e sound per ribaltare i ruoli di predatore e preda?
R: “Lolita” — scritta con Cony e Sonic Lord — è un vero gioco di ruolo sentimentale: sedurla, ma capirsi rifiutati. Il testo alterna frasi spavalde a momenti di resa, e il sound, leggero e quasi giocoso, contrasta volutamente con un finale di debolezza che sfocia in una sbronza liberatoria.


D: Tra richiami al noir anni ’70 e atmosfere new wave, quale immagine cinematografica ha guidato la scrittura di “Cantautorato”?
R: “Cantautorato” nasce nel 2019 come omaggio ironico alle canzoni dei grandi cantautori italiani. All’epoca non pensavo a un pezzo new wave, ma le nostre produzioni — synth e drum machine — ci hanno travolti, trasformandolo in un vero omaggio alla new wave, con luci al neon e ombre da film di Los Angeles.


D: “Pirati delle etichette” chiude l’album come un inno di rivolta: qual è stata la scintilla creativa per questo grido punk-funk?
R: È uno sfogo collettivo. Live scatena subito la pista: ska-punk, fiati tartassanti e ritmo spasmodico per urlare contro il mercato discografico… ma anche contro qualunque relazione che ci faccia sentire prigionieri. È un invito a riprendere il controllo di sé, a ballare la propria liberazione, come già facevamo in “X Fucktor”.


Con il loro terzo capitolo, i Grill Boys confermano di saper mescolare ironia, riflessione sociale e groove irresistibile: un viaggio sonoro che mette a nudo le nostre fragilità e ci invita a ribellarci con un sorriso sulle labbra.

Lascia un commento