In bilico tra il neomelodico e un senso rap & hip hop internazionale. Siamo in Campania, tra le vie e i suoni di Napoli, e seguiamo la voce e la lirica di Dario Cuomo, che torna con il nuovo singolo “Valenciaga” – disponibile dal 20 giugno per la produzione di Giovanni Carnazza e distribuito da ADA Music Italy.
Una voce che sfida il perbenismo, che si fa leggera, a tratti romantica, dentro i solidi cliché radiofonici. Napoli è anche questo: una città dove l’immaginario continua a sorprendere, nonostante il futurismo digitale che tutto ingloba. Come nel caso di questo nuovo brano.
L’amore devasta… lo sappiamo tutti. In “Valenciaga” c’è una ferita che ancora brucia o un sogno che non vuole svanire?
Mi piace pensare “Valenciaga” come un limbo tra le due, perché in fondo, in una ferita che brucia ancora, non ancora rimarginata, c’è sempre – intatta – una flebile speranza che il sogno non sia svanito del tutto.
Nel testo ci sono infatti molti riferimenti a ricordi positivi della relazione, come a volerli rivivere nonostante tutto il dolore passato. Anche l’arrangiamento è pensato proprio per rendere quest’idea.
Scrivi una canzone come se stessi raccontando una fiaba al te stesso bambino, o è più un modo per dare ordine al caos?
Assolutamente la seconda. La musica è una medicina per l’anima, ma va affrontata con chiarezza, con la purezza dei sentimenti e la crudezza della verità. Sono elementi imprescindibili per me, per far sì che piccoli squarci del mio quotidiano possano poi ridefinirsi come universali.
Il contrasto tra testo struggente e sound accattivante è fortissimo. Come convivono in una sola persona anime così – a suo modo – contrastanti?
Beh, convivono sì, ma da separate in casa. È sempre difficile coniugare emozioni così distanti tra loro, ma credo che siano proprio questi contrasti a dar vita al movimento sinuoso (tanto caro agli scultori greci) che si trova nella bellezza.
Caratterialmente sono sempre stato votato allo spleen, ma ho sempre cercato la luce nel mio lato più estroso e divertente. Cerco di portare questa dicotomia anche nel mio percorso musicale. È un po’ come dire: “Ehi, la vita fa schifo, lo so, ma la musica può renderla più sopportabile”.
Cosa ti ha lasciato l’esperienza con l’Ep “Vence sempe ‘a sera”?
Il primo Ep è come il primo passo di Armstrong sulla luna: sai perfettamente di volerlo compiere, ma sai anche che stai per affrontare l’ignoto più puro. È stato un percorso incredibile. Mi porto dentro tanto: le collaborazioni, le scelte stilistiche, i live…
Ma è stato anche molto faticoso, soprattutto a livello mentale.
Ecco, una cosa che ho lasciato indietro è la mia mania di tenere tutto sotto controllo.
Ho capito, una volta per tutte, che la mia arte non ha bisogno di perfezione, ma di emozione. Di trasporto. Quello è il vero motore di ciò che scrivo.
🎬 Guarda il video ufficiale di “Valenciaga”
Napoli sembra sempre presente nelle tue canzoni, anche quando non la nomini. È un’ambientazione, una ferita o una musa?
“Napule è nu piezz ‘e core”. Sai di chi è questa frase? Di nessuno. Perché appartiene a tutti.
Chi ama Napoli sa che è un amore – e un dolore – condiviso. È un sentimento collettivo che ci accomuna.
E se ci fa male, ci dà la forza di trasformare quel dolore in arte. Che diventa poi l’emblema perfetto di questa città, piena di squisite contraddizioni.
Pensi sia possibile prescindere da una città così densa di contaminazioni, musica e cultura?
Penso si possa prescindere da tutto nella vita. È il cardine del mio pensiero artistico.
Creare, modellare, trasformare… sono tutte azioni che nascono da un’unica spinta: il cambiamento.
Non smetterò mai di strizzare l’occhio a Partenope, ma ciò che mi muove più di tutto è la ricerca del nuovo, la curiosità verso territori inesplorati. E sarà sempre così.
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