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Nel suo ultimo reel pubblicato su Instagram @ireneconsonni.art, l’attrice e autrice Irene Consonni presta voce e corpo a una delle immagini più strazianti della guerra a Gaza: una bambina sepolta viva sotto un cumulo di macerie, insieme al fratello, separati dai genitori. Da questa visione nasce Cumulo, una poesia civile, viscerale, disarmante.

Con una lingua spoglia ed essenziale, quasi infantile, e un ritmo che scivola piano come un sussurro, Irene Consonni ci accompagna dentro il silenzio di chi è rimasto sotto, in attesa, in uno spazio fisico e interiore fatto di buio, di attesa, di memoria.

✍️ Una voce fragile, una resistenza poetica

In Cumulo, la voce narrante è quella della bambina. Un punto di vista spiazzante, delicato, che oscilla tra il ricordo del gioco e la consapevolezza della perdita. Non c’è mai retorica, mai spettacolarizzazione del dolore. C’è invece una verità disarmante, che emerge con la leggerezza e il peso di una polvere sottile.

“Le parole emergono come detriti, come piccoli respiri nel cemento.”

La poesia non nomina mai la guerra, ma la attraversa. È impregnata di assenza, di paura, di nostalgia. E proprio per questo riesce a toccare corde profonde: perché il trauma filtrato dallo sguardo dei bambini è forse l’unica forma di testimonianza che davvero non lascia scampo.

📖 La forza di Cumulo: non dimenticare

Cumulo è molto più che una poesia. È un atto di resistenza poetica. Un tentativo di ridare un nome, un volto e una storia alle tante vite infantili annientate dalla guerra. In un tempo in cui la tragedia rischia di diventare cronaca ordinaria, la poesia di Irene ci costringe a fermarsi, guardare, ascoltare.

Non è solo denuncia. È empatia trasformata in parola, è una ferita che si fa voce. È un gesto che si rifiuta di accettare l’orrore come normalità.


📌 Descrizione della poesia

Ambientata nei minuti sospesi sotto le macerie, Cumulo segue i pensieri di una bambina sepolta accanto al fratello. Attorno a loro solo detriti, buio, e l’assenza struggente delle braccia dei genitori.

Il “cumulo” non è solo materiale, ma anche emotivo: un peso insostenibile sulle spalle piccolissime di chi non dovrebbe portarlo. La guerra è ovunque, pur senza essere mai nominata. È un’ombra che abita ogni parola.


Cumulo è una poesia che non consola. Ma ci ricorda che l’unico modo per restare umani è continuare a sentire. Anche quando fa male.
Anzi, soprattutto allora.

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