I Biorisk non sono una band che si lascia categorizzare. Il loro approccio è un flusso continuo, un vortice che fonde stoner, rap, blues e hard rock, ma con una tensione costante verso il significato. Fuori dai margini è il risultato di anni di ricerca e visioni condivise, una sorta di carta astrale musicale dove ogni brano si muove su coordinate precise ma imprevedibili. I testi sono pieni di ferite e lucide visioni, e la musica diventa un atto di resistenza. È lì che la loro voce si fa necessaria.
Intervista ai Biorisk
1. Come vi relazionate con la scena musicale italiana attuale, soprattutto considerando la vostra posizione decisamente “altra” rispetto a certe tendenze dominanti?
«Sicuramente la nostra musica non si sposa con le logiche di mercato moderne, ma non per questo dobbiamo essere degli outsider. C’è spazio anche per progetti più ricercati, sia qua che all’estero.»
2. Il vostro sound è una fusione di stili molto diversi tra loro. È una scelta spontanea o una forma consapevole di resistenza a qualsiasi etichetta di genere?
«Assolutamente una scelta spontanea. Il nostro sound è solo la naturale fusione delle nostre influenze musicali, non c’è nulla di progettato.»
3. Nascere da un riff improvvisato in una cascina della bassa bresciana ha quasi un sapore mitologico. Possiamo dire che conta molto di più l’origine “di pancia” rispetto alla costruzione tecnica del progetto?
«Nel nostro caso sì, soprattutto nelle fasi iniziali della composizione. Solo in un secondo momento ci preoccupiamo della costruzione tecnica del pezzo, farlo prima limiterebbe troppo la creatività.»
4. Avete affrontato temi scomodi e di forte impatto sociale. Quanto sentite la responsabilità di parlare di ciò che spesso viene ignorato dalla musica mainstream?
«Non la sentiamo come una responsabilità ma più come un’esigenza. Vogliamo raccontare ciò che ci circonda, ciò che vediamo e viviamo quotidianamente.»
5. È un disco politico? Si fa politica e resistenza anche così?
«È un disco politico ma non è un disco schierato politicamente. Lo scopo era quello di raccontare il nostro sguardo sul mondo e sulla società odierna, senza dire cosa è giusto o sbagliato. La musica gioca da sempre un ruolo nel veicolare messaggi politici e rivoluzionari, ma non vogliamo essere etichettati come un gruppo politico.»
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