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Con il nuovo singolo “Butto la plastica (Io rivendico il mare)”, Arnaldo Furioso trasforma un gesto quotidiano in un atto di ribellione consapevole. Il brano intreccia consapevolezza ambientale e riflessione personale, affrontando non solo l’inquinamento che soffoca i mari, ma anche quello invisibile che ci abita: delusioni, disillusioni, solitudini.

 

Presentato anche nell’ambito dell’Expo 2025 di Osaka attraverso il progetto Abruzzo Soundscape, il singolo crea un ponte simbolico tra il Giappone e l’Abruzzo, accomunati dalla necessità di prendersi cura del pianeta. Ma “rivendicare il mare” significa anche non accontentarsi, pretendere spazio per i propri sogni e desideri.

 

In questa intervista esclusiva per il MEI, Arnaldo Furioso racconta la nascita del brano, l’eco che ha suscitato nel pubblico e il ruolo che l’arte può avere nel generare cambiamenti concreti.

 

“Io rivendico il mare” è un grido che suona come una chiamata collettiva. Quando hai sentito l’urgenza di trasformare questa consapevolezza ambientale in musica?

Semplicemente un giorno, proprio mentre mettevo via la plastica, mi sono accorto che andavo ragionando sulle mie “ferite”. Stavo facendo auto terapia! Capita anche a voi?

Premesso che io scrivo per me, una canzone è anche una fotografia, un cortometraggio. In questo la protagonista fa pulizia fuori – plastica vera e propria – e dentro – plastica “mentale”, delusioni, disillusioni. In questo senso “io rivendico il mare” è l’anelito a volere di più, qualcosa di più grande e più bello. Anche qui c’è la cosiddetta chiave ermeneutica (ammazza’ quanto parlo bene ahahah): da un lato riappropriarsi del mare vero e proprio che è mio, ma è anche tuo, è di tutti, e dall’altro il non accontentarsi in amore e nella vita. 

E poi ho sentito che non succede solo a me: “io rivendico il mare” è un grido condiviso, un invito collettivo a riprenderci il mare e i nostri sogni.

 

Come nasce il collegamento tra il Giappone e l’Abruzzo in questo brano?

Il legame tra il Giappone e l’Abruzzo nasce dall’universalità dell’emergenza plastica: ovunque ti trovi, le microplastiche invadono mari e… i nostri corpi! L’Expo 2025 di Osaka era il palcoscenico perfetto per portare la mia terra davanti a un pubblico globale, e mostrare che da Pescara a Tokyo il messaggio è lo stesso. Abruzzo e Giappone sono uniti da onde che trasportano plastica, ma anche da onde di sensibilità: l’uno impara dall’altro a prendersi cura del pianeta, reclamando il mare come patrimonio di tutti.

Inoltre, con il progetto “Abruzzo Soundscape” portiamo il suono e l’anima musicale della nostra regione, il nostro “saper fare” musica, raccontando le coste, le colline e le montagne abruzzesi l’Abruzzo attraverso le sue vibrazioni sonore: festival, musicisti, cantautori. E’ stato bellissimo!

 

Le microplastiche scorrono nel nostro sangue. Quanto è importante, secondo te, che l’arte ne parli?

L’arte è da sempre cultura collettiva: la riflette ma la plasma anche.

Non a caso il mio brano si chiude con un vero e proprio notiziario, cattivissimo, senza filtri, solo dati crudi e scientificamente provati. Un breaking news inglese che alterna notizie sulla plastica – sapevi che solo il 9% di tutta la plastica prodotta da sempre è stata riciclata? e che il 5 per mille del cervello umano è fatto di microplastiche? –  e sulla “plastica relazionale” – Una persona su quattro nel mondo soffre di solitudine.

La plastica sta invadendo i nostri corpi, è nel nostro sangue, una silenziosa invasione aliena. E’ ora di darsi una mossa. A tutti i livelli.

 

Qual è stata la reazione più forte che hai ricevuto da chi ha ascoltato il brano?

Beh, intanto quella corale mi emoziona sempre tantissimo: alla fine dello show le persone che vogliono stringerti la mano, baciarti, fare un selfie. Una persona mi ha detto che più che più una canzone è una lezione di vita. Wow. Non miro assolutamente a questo. Però è proprio vero che una volta che l’hai scritta, una canzone, cammina con le sue gambe, va dove gli pare e ognuno ci vede dentro cose che magari non ti aspetteresti mai.

Ah poi, c’è il giudizio degli addetti ai lavori, musicisti, autori, tecnici. Anche qui grandi soddisfazioni e lo apprezzo molto perché sono, anzi siamo, sempre spietatissimi ahahah. In particolare, è stato apprezzato il cambio di tonalità di due toni e mezzo ma sono cose da nerd musicale ahahahahah

 

Pensi che il messaggio ecologico della musica possa davvero influenzare scelte quotidiane?

Il mio amico scrittore e giornalista Maurizio Di Fazio dice che io faccio “Epica quotidiana”: mi aggrappo alle piccole azioni di tutti i giorni per scandagliare l’animo umano. Vabbe’, lui è uno che trasforma ogni caffè in un romanzo — ma riascoltando i brani, mi sono accorto che spesso è così.

Per rispondere: assolutamente sì. Come dicevamo, la musica è da sempre specchio e motore della cultura collettiva – non solo la riflette, ma la plasma anche. Un messaggio ecologico, quindi, non potrebbe che farci bene.

E questo anche sull’altro grande tema della canzone: la “plastica mentale” e relazionale.

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