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Dopo anni di silenzio, dolore e trasformazione, Andrea Petrucci torna con un brano che brilla come un faro nella notte: Una Notte Eterna. Più che una semplice canzone estiva, è il simbolo di una rinascita interiore, di una nuova visione della musica e della vita, che passa dalla semplicità per toccare l’invisibile. In questa intervista Andrea si racconta con sincerità, tra ricordi personali, fuochi interiori e una voce che continua a cercare stupore.


“Una Notte Eterna” è un inno alla semplicità e alla felicità ritrovata. Quando hai capito che era il momento giusto per scrivere una canzone così luminosa?

Ciao a tutti. In realtà, non avevo idea di quando sarebbe arrivato il momento di scrivere una canzone così luminosa. Le canzoni, si sa, giungono da qualche mondo a noi sconosciuto; poi ti metti lì, in contemplazione, e cerchi di dar loro una forma concreta, quasi tangibile.

Dal 2021, dopo il mio ultimo brano dedicato alla mia compagna scomparsa prematuramente a soli 40 anni, mi ero come disconnesso da quel mondo. Non avevo più voglia di scrivere e, di conseguenza, di mettermi in discussione.

Ho provato a confondere me stesso, a farmi forza da solo, ma poi lasciavo decine di brani nel loro stato iniziale, senza mai portarli a termine. Erano completamente privi di energia. Piano piano, mi sono detto: “Andrea, devi fermarti”. Era giusto così, perché forzare qualcosa che non c’era non mi avrebbe portato da nessuna parte; non dovevo dimostrare niente a nessuno, se non a me stesso.

Dopo quattro anni di stop, mi sono circondato di persone sincere, energeticamente positive, anime buone e luminose. Ho lasciato che tutto scorresse in modo naturale, ho vissuto, ho lavorato su me stesso senza pretendere nulla.

Nel 2024, ho iniziato a riprendere alcuni demo e a sistemarli. Mi chiudevo nel mio piccolo studio e facevo come ho sempre fatto. La prima persona a cui pensavo di chiamare era mio padre: “Vieni, ti faccio sentire qualche bozza che sto terminando, sono fantastiche!”

Mio padre, con il suo orecchio assoluto, mi disse: “Sono fantastici questi demo, vai avanti non fermarti, questa mi sembra la strada giusta!”

Sono rimasto con le sue ultime parole, lui che mi ha sempre sostenuto pur non essendo un musicista. Da lì a quattro mesi, a soli 70 anni, è volato improvvisamente in cielo, pur non avendo nessuna malattia… Qui mi fermo.

Nel 2025, a quasi un anno dalla sua scomparsa, ho deciso di tirare fuori “Una notte eterna”. Sembra una canzoncina da ballare, ma è piena di significato. È così luminosa che sono sicuro arriverà molto lontano, anche se la musica in Italia non è nel suo momento migliore.


In un passaggio dici che la semplicità è la via più vicina al divino. In che modo questa visione si riflette nel tuo modo di scrivere e vivere la musica oggi?

In realtà, la mia essenza musicale è sempre stata questa. Se ascoltiamo il mio primo album omonimo, uscito nel 2010, con le sue tredici tracce semplici ma incredibilmente efficaci, si percepisce già la mia visione.

Pensate al mio primo singolo, “Non siamo soli nell’universo”, che affrontava il tema della vita extraterrestre, un argomento che oggi sembra tornato di moda. Persino il Pentagono ha sdoganato alcune realtà che prima sembravano pura fantascienza, confermando l’esistenza di qualcosa di anomalo e incontrollato per l’uomo.

Per me non è una novità, ma una conferma. Noi siamo figli dell’universo, o, come ha già scritto qualcuno, figli delle stelle.

Tutto questo si riflette anche nella mia persona. Sono fatto così, a volte posso sembrare un filosofo, ma chi più di me ha questa visione? Io che scrivo canzoni senza aver studiato musica – ho studiato canto, sì, ma non ho mai imparato a suonare uno strumento.

La musica mi nasce dentro e poi, con quattro accordi al pianoforte da autodidatta, riesco a renderla tangibile. Il tutto si concretizza grazie ai miei fantastici collaboratori, come Cristian Regnicoli, mio compagno di viaggio a cui devo moltissimo.


“Una Notte Eterna” segna anche una rinascita personale. Quanto del tuo vissuto entra davvero in quello che scrivi?

Assolutamente, questo brano è una vera e propria rinascita. Già guardando il video, che a prima vista potrebbe sembrare semplice, possiamo notare subito un elemento da non sottovalutare: il fuoco. Un simbolo che si ripete costantemente, sia nelle immagini del videoclip sia nel testo della canzone.

Per chi volesse approfondire, invito a esaminare attentamente il testo: lì c’è tutta la spiegazione del mio vissuto. È vero, per alcuni potrebbe risultare criptico, ma per altri il simbolismo risulterà estremamente chiaro.

Nel brano è presente anche la visione del tempo, che, come ho raccontato, mi ha visto fermo per ben quattro anni. E nello special, ecco la chiave:

“non cerco scuse non mi fermo più, il futuro non lo temo lo riscrivo ora, ogni passo è libertà che grida nient’altro che il battito che mi guida.”

Qui c’è tantissimo del mio percorso. Tutto combacia perfettamente.


Hai attraversato generi e temi diversi, dal pop rock alla dance, da canzoni intime a brani sociali. Cosa ti guida nella scelta del suono giusto per ogni storia che vuoi raccontare?

Rimango sempre un animo rock; ho sempre fatto rock. Tuttavia, ho la fortuna – anche grazie allo studio del canto – di avere una voce abbastanza duttile che non teme di affrontare stili musicali diversi.

Pensate che nel 2017 fui contattato dal vescovo di Ascoli Piceno perché aveva ascoltato una mia cover del “Nessun Dorma” di Puccini, cantata in chiave pop e non lirica!

Quindi, avendo un’estensione vocale notevole – e non lo dico per vanto – potrei cantare dalla dance internazionale al classico rock, o perfino all’heavy metal.

Preferisco, però, cantare ciò che rispecchia il mio animo, essendo molto emotivo. Scelgo prevalentemente suoni emozionali per ogni canzone, cercando di catturare l’attenzione arrivando a un ritornello che ti prende e ti lascia di stucco.

Spero davvero di esserci riuscito nel creare queste emozioni: la scelta del suono è strettamente legata allo stupore che ogni singolo brano vuole suscitare ed è profondamente connessa al testo.

Grazie per questa intervista, sono molto contento! Un saluto al Mei.

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