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Con “You Are No Saint”, gli Used to Be Apes esplorano sonorità dal gusto retrò, ispirandosi agli anni ‘70 e al grande rock del passato. Il brano, oltre a richiamare atmosfere vintage, affronta temi profondi legati alla connessione umana e al bisogno di solidarietà in un mondo sempre più frammentato. Abbiamo parlato con la band per scoprire le ispirazioni dietro questa traccia e le prospettive future del loro percorso musicale.


“You Are No Saint” ha un sound molto retrò, ispirato agli anni ’70. Come mai avete scelto di esplorare questa direzione musicale in questo momento della vostra carriera?

“Quando abbiamo iniziato a lavorare a questa canzone era appena uscito il documentario sui Beatles e ci siamo fatti un bel periodo a guardarlo e ad ascoltare (per la prima volta) un po’ tutta la loro discografia, il che ha sicuramente ispirato la stesura del pezzo. Il testo, invece, è una riflessione sugli eventi violenti di questo periodo e su come lo “stare insieme” e la solidarietà siano la risposta al progressivo isolazionismo, sia nella società che nel teatro internazionale. Mi sono ispirato alla poesia No Man Is an Island di John Donne, una frase che mi ha colpito molto e che viene proposta come domanda retorica nel ritornello della canzone.”

Il testo della canzone affronta temi di riflessione e mortalità. Cosa vi ha spinto a scrivere un brano così intimo e profondo?

You Are No Saint vuole essere una riflessione sull’equilibrio tra la necessità di volercela fare da soli (sia nella vita che come band) e la realtà che, senza qualcuno a supportarti, non si può andare avanti, sia come persone che come musicisti. Abbiamo bisogno di persone che ci ascoltino, che empatizzino con la nostra musica e il nostro messaggio. È una cosa allo stesso tempo bellissima e spaventosa, così come in tutte le relazioni.”

Con l’ingresso di Riff nella band, come pensate che la vostra musica evolverà nei prossimi mesi?

The Riff si è integrato molto bene nella band e il suo impegno si potrà notare già in tracce che abbiamo da poco finito di registrare e che usciranno prossimamente. Sicuramente il suo apporto si sentirà dal vivo, rendendo l’adattamento delle versioni studio per i concerti molto più fedele e permettendoci di portare spettacoli di ancora maggiore qualità ed energia rispetto a prima.”

In che modo il vostro percorso in Europa ha influenzato il vostro approccio alla musica e alle performance dal vivo?

“Suonare in posti diversi e interagire con persone provenienti da culture diverse dalla nostra ci ha permesso di crescere personalmente e artisticamente. Ogni volta che partiamo per un tour siamo felici del privilegio di poter portare la nostra musica direttamente alle orecchie di nuovi ascoltatori, e questo entusiasmo poi ci trasporta e ci ispira verso nuova musica in un circolo virtuoso.”

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