Oggi ospite della #NewMusicThirsday il cantautore Kama che ci presenta il nuovo singolo “Dalla certezza alla puodarsità”. Ecco come ha risposto alle nostre domande.
1 – Kama benvenuto nella #NewMusicThursday del MEI! Per prima cosa: come stai?
Grazie per l’accoglienza! Sto bene, vivo la mia maturità con serenità, ho raggiunto tanti obiettivi nelle mia vita: lauree, lavoro, famiglia. Vivo quel tempo in cui posso permettermi, citando Battiato, di non domandarmi dove porta la strada ma di seguirla e camminare soltanto…
La musica non fa eccezione, ne ho passate tante in 30 anni di carriera ma ho avuto l’accortezza di rendermi autonomo e di poter seguire la mia passione con cura senza dovere rendere conto delle mie scelte. L’ho rispettata e più che mai oggi trovo che sia importante.
2 – “Dalla certezza alla puodarsità”, il singolo con il quale torni sulle scene. Come e quando è nata questa canzone?
“Dalla certezza alla puodarsità” è un pezzo che ho scritto a 18 anni o giù di lì. Ai tempi suonavo la batteria e componevo per gli Scigad ed ero molto prolifico. Durante le registrazioni del disco nuovo, scartabellando tra gli hard disk, ho ritrovato un demo ed ho avuto una specie di richiamo naturale a riprenderla in mano. L’ho trovata attuale e molto collegata al tipo di scrittura che sto portando avanti ora, la metrica del testo serrata, il contenuto sfacciato ma profondo e intelligente. Mi interrogavo sul significato di viaggio, sul confronto con le altre vite che distrattamente incontriamo lungo il cammino, sulla necessità di vivere intensamente, di interagire e costruire. E’ strettamente connesso al tema di tutto il disco e ne ha preso il titolo.
3 – Cos’è questa “puodarsità”? Una parola che ci incuriosisce…
La “Puodarsità” è un neologismo (ancora per poco, faremo pressione all’accademia della crusca) che mi gira nella testa da un po’ di anni.
Viviamo un tempo in cui domina la sintesi. L’informazione è stringata, fatta di slogan. Ci siamo costruiti una conoscenza del nulla, economica, scontata, fatta di sensazionalismi.
La assorbiamo senza fare fatica e ci costruiamo le nostre certezze. Il titolo di un articolo che nemmeno leggiamo diventa la nostra realtà, la nostra verità.
La “puodarsità” è il mio invito a fermarsi, documentarsi, farsi delle domande. L’invito a pensare che le certezze nel mondo sono poche, fluide, che il nostro mondo non esiste, lo inventiamo noi, lo filtriamo con i nostri sensi, con la conoscenza.
I mondi sono tanti, uno per ogni persona che incontriamo. Allora dobbiamo riempirci di dubbi, condividerli e continuare a costruire.
Facciamolo, ogni tanto l’interlocutore si merita un “boh, è una puodarsità”.
4 – Un concetto che hai anche ben espresso da un punto di vista visivo. Siamo rimasti colpiti dalla foto che il tuo ufficio stampa ci ha inviato.
E’ stata la fotografa e artista Cristina Mariani a tradurre in immagini questo pensiero. Da subito molto determinata a realizzare una serie di foto che avessero al loro interno una punta di puodarsità. Una serie di ritratti che a mio avviso meritano uno spazio in galleria.
Pare che il cervello elabori un’immagine in 13 millisecondi e la psicologia della Gestalt ha spiegato quanti filtri il cervello applichi all’elaborazione (principalmente con finalità autoconservative della specie). Noi volevamo che gli spettatori si fermassero, che provassero un disagio e che si facessero delle domande. Che appunto passassero dalla certezza alla puodarsità.
5 – Quanto è importante per te rimanere indipendente e libero artisticamente parlando?
E’ una domanda complicata che merita una risposta decisa. L’arte per come la concepisco è solo libera. La musica esisteva ben prima del business e gli sopravviverà.
L’industria musicale dovrebbe preoccuparsi di cercarla, tutelarla e divulgarla in tutto il mondo, non di confezionarla a puntino per fare in modo che sia un prodotto facilmente vendibile. Così come i musicisti dovrebbero pensare a fare bella musica. Soldi e successo dovrebbero essere una conseguenza.
Di fatto oggi la musica è per lo più uno strumento per tenere in vita un’industria. Non è andata proprio come doveva andare…
Compreso questo ho deciso di lasciare perdere la Sony, di non fare l’autore per altri cantanti e di seguire la personale necessità di scrivere le mie canzoni in autonomia.
Il mio primo disco “Ho detto a tua mamma che fumi” l’ho scritto soltanto, il secondo “Un Signore anch’io” l’ho anche prodotto artisticamente.
Il terzo disco l’ho registrato, suonato, prodotto e masterizzato praticamente da solo. Quello che sentirete sarà esattamente come l’ho immaginato.
6 – Hai concerti in programma? E un disco?
Il disco sarà disponibile su cd e in formato digitale da metà gennaio ma solo per chi si prenderà la briga di venire a vedere il live. Sulle piattaforme digitali saranno disponibili solo i singoli.
Il 24 novembre suoneremo al Raven di Villasanta per festeggiare l’uscita del singolo, gli altri live arriveranno con l’anno nuovo.
Posta indipendente
“in che modo le tue esperienze personali e le sfide che hai affrontato si riflettono nella tua musica? Ci sono momenti specifici della tua vita che hanno ispirato particolarmente le tue canzoni?”
Ho una laurea in psicologia, una cosa che ti cambia e in qualche modo cambia tutto quello che accade nella tua vita. Anche scrivere canzoni.
Per esempio credo di avere sviluppato un’ indolenza al giudizio. La cosa che viene più facile alle persone: usare il proprio paradigma per giudicare il comportamento delle degli altri, categorizzare, semplificare. Incasellare il bene e il male, l’odio e l’amore, il giusto e lo sbagliato.
Per questo non amo scrivere di me. Mi intriga molto di più scrivere di quello che vedo coi miei occhi ovvero raccontare il mondo filtrato dalle mie conoscenze, dalle mie esperienze.
Credo che un artista abbia molto più potere comunicativo se parla di quello che ciascun ascoltatore incontra vivendo e magari lo fa ironizzando su alcuni comportamenti “automatici” oppure su contraddizioni con le quali inspiegabilmente si convive serenamente.
E’ uno strumento di emancipazione culturale fortissimo, basti pensare alla comicità pungente di Dave Chappelle o di Ricky Gervais.
Anche crescere due figli ha certamente ha influenzato il mio modo di scrivere canzoni. Vedere la specie umana crescere, evolversi, studiarne l’evoluzione da vicino e quotidianamente è un’occasione unica per comprendere se stessi e le cose che accadono attorno a noi. C’è stato un momento in cui ho avuto paura di passare dall’altra parte della barricata, hai presente il padre che apre la porta della camera gridando “abbassa quello stereo, quella non è musica, è fastidio”. E’ finita che mi sono innamorato di musica che non avrei mai ascoltato e di per certo questo ha cambiato il mio modo di scrivere.