- Regia: Valentina Zanella, Giangiacomo De Stefano
- Attori: Zucchero Fornaciari, Bono, Sting, Brian May, Andrea Bocelli
- Distribuzione: Adler Enterteinment
- Nazione: Italia 2023
- Genere: Documentario
- Durata: 100 minuti
- Orari
lun 13 – mar 14: 21.00
martedì 14 novembre ospite in sala il regista Giangiacomo De Stefano presentato da Giordano Sangiorgi
In collaborazione con MEI
Lunedì+Martedì Cult Movie
Trama del film
Tutto comincia dal World Wide Tour. In una delle numerose tappe in giro per il mondo Zucchero sta scaldando la voce prima di salire sul palco che “ha una forza magnetica che ti attira”. Viene inizialmente inquadrato di spalle. Poi c’è l’attesa, infine il pubblico. Presente e passato s’intrecciano continuamente. La fine degli anni ’50 a Roncocesi, il suo paese natale in provincia di Reggio Emilia dove è nato nel 1955, il trasferimento a Forte dei Marmi, le prime partecipazione ai Festival di Castrocaro nel 1981 e poi a Sanremo prima con Una notte che vola via (1982) e di seguito Nuvola (1983) e Donne (1985) arrivata penultima in classifica ma amata dalla critica e balzata in testa nella hit parade da cui parte decisa la sua scalata al
Trailer
Commento
Suono, soul e sangue. Aggiungeteci l’incrinatura inconfondibile della voce, ed ecco il DNA artistico di Zucchero Sugar Fornaciari. Una trinità, per un cantante che ha spesso ironizzato sulla religione, che rimanda anche al titolo di un documentario, che ne racconta per la prima volta vita, gesta, crisi e successo. Nella vita privata come sul palco, da dove inizia, rievocando l’esperienza live come “una forza magnetica”. Perché a casa si sente solo lì, dove ci è finito direttamente dalla sua Nazareth: Roncocesi, provincia di Reggio Emilia. Dove i pioppi fioriscono o lasciano spazio alla neve, non lontano dal fiume più lungo, ma dal nome più corto, il Po. E dalla Via Emilia. La chiesa di fronte casa, l’organo strimpellato fin da bambino in cambio di un servizio la domenica come chierichetto, lui che ha giocato spesso con il Divino, facendolo diventare DiVino. Poi la scuola elementare a due passi. Il suo mondo, tutto a portata di chiacchiera con i vicini o di sgridata dei suoi. Poi c’era l’amata nonna Diamante, a cui ha regalato la sua più struggente canzone, in campagna con gli animali e l’orto, qualche chilometro fuori dal paese. Quella terra che ha scoperto, con sua enorme sorpresa, avere un doppelganger lungo il Mississippi, fiume ben più imponente e nome decisamente più lungo, ma sempre con una cucina a base di pesce gatto e gamberi di fiume. Ma soprattutto quel blues in cui si è riconosciuto, al punto di ritenersi un figlio anche di quell’universo lì, di quella musica black nata nelle coltivazioni di cotone. Zucchero è stato il protagonista di giornata, alla Festa del Cinema di Roma, dove ha incontrato i giornalisti, raccontando la sua inedita esperienza di protagonista di un documentario su di lui. “Per me è stata la prima volta, all’inizio non sai mai come va a finire o quanto ti devi impegnare. Un’idea chiara, per me, era non renderlo celebrativo, far sì che fosse dedicato una buona parte ad Adelmo, oltre a Zucchero. Parto da un paesino di provincia, Roncocesi in provincia di Reggio Emilia, vicino al Po, nella Bassa emiliana e poi vengo sradicato a 11 anni e portato in Versilia dove non mi sono mai integrato. Ma dove ho conosciuto mia moglie e sono nate le mie figlie. Questo sradicamento, soprattutto da mia nonna Diamante, mi ha fatto soffrire e forse ancora adesso per questo ho la sensazione di non sentirmi mai a casa da nessuna parte”. Zucchero, soprannome scelto per il suo carattere dalla maestra delle elementari, viene raccontato negli alti e nei bassi, non nascondendo cinque anni abbondanti di depressione che l’hanno inchiodato a una solitudine dolorosa, all’inizio degli anni ’90. “Ogni tanto mi prendono pensieri malinconici, del resto è un lato del mio essere fin da ragazzino. Quella che mi ha portato ad amare il blues. Prima ci soffrivo, ma la malinconia può essere a volte anche molto creativa, calda. Basta che non si trasformi in depressione, quella non la auguro a nessuno, perché è tosta superare certi momenti. Come dice De Gregori nel film che, da persona sensibile che mi conosce molto bene, mi definisce una persona tribolata. Si parla della provincia emiliana, il piccolo mondo di Guareschi alla Don Camillo e Peppone. Da noi il prete era soprannominato Don tagliatella perché era pasciuto e nella mentalità contadina di quel periodo, in cui ci si alzava presto per andare nei campi a zappare, il prete leggeva il breviario e, come dicevano in dialetto, ‘non si è mai visto un prete magro’. Nel mio paesino c’erano solo una cooperativa del PCI e la Chiesa, tre case e i campi. Sono cresciuto fra il sacro e il profano e ancora adesso non ho capito quale sia la strada. Sono tutte storie del piccolo mondo della Bassa padana”. Zucchero Sugar Fornaciari, un viaggio nel talento di un uomo e di un artista di talento, attraversa le tappe nel percorso di internazionalizzazione della sua musica, con canzoni entrate a far parte della memoria collettiva e collaborazioni di amici pronti a parlare con grande stima e rispetto di lui, da Bono a Brian May (‘per me è un fratello’), da Sting a Paul Young. Un’anima sradicata, per cui, come diceva Marvin Gaye, “ovunque poso il mio cappello, quella è casa mia”. A casa sempre e solo in tour fin da quando ha lasciato bambino la sua Roncocesi. Anche l’estate prossima. (Mauro Donzelli – Comingsoon)