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“La nostra musica è come un’eruzione vulcanica” – Intervista ai Malmö

Contro ogni tipo di strategia discografica, a dispetto delle regole di un mercato sempre più interessato a tutelare la propria mediocrità dal vento del progresso, in barba ad ogni suggerimento manageriale che il manuale del perfetto artista indipendente sembra promuovere, i Malmö decidono, nel caldo autunno del 2023, di tornare alle origini, laddove prende forma lo schiaffo del suono senza bisogno di aggrapparsi a parole fin troppo consumate da cantautori della domenica e autori a cottimo: “Zolfo”, il terzo disco della band pubblicato qualche settimana fa per XO Factory, è un lavoro completamente strumentale. 

C’è una precisa, scientifica volontà, da parte del progetto campano, di ritagliarsi uno spazio su una scena che non accetta altri cloni, nonostante la rincorsa emulativa di tutti gli emergenti di oggi: in un panorama saturato da copie, i Malmö prendono la via della detonazione, della fragorosa battaglia ad ogni comodità, scandita a colpi di ricerca, estro e qualità artistica. Un viaggio onirico attraverso una quadriglia di tracce che regalano all’ascoltatore una ventina di minuti di puro sogno, di attraversamento spazio-temporale di distanze sentimentali che ci permette, per il tempo di un EP, di sentirci anni luce lontani dalla barbarie mentale del nostro tempo. 

Un vulcano in eruzione, come noi anime perse in cerca di sfoghi utili a tenerci in vita, a regalarci un sussulto di novità: questo è “Zolfo”, storia musicata di un evento naturale che finisce con il raccontare le profondità dell’Uomo.

https://open.spotify.com/album/6IVY6UjSF6vwHzk9oQWHzm?si=2cak4-J0QKunlx1almQD4Q

Un nome, il vostro, che già sa di lande antiche, di terre lontane. Poi, un disco che evoca esplosioni vulcaniche. Che rapporto hanno, i Malmö, con i nomi che hanno scelto per la loro band e per questo roboante disco di ritorno?

Il nome Malmö deriva da una lunga storia di un viaggio con questa città che per varie vicissitudini non siamo riusciti a visitare. É diventata la meta mai raggiunta, metafora di un viaggio perenne. Il disco strumentale invece è un progetto che avevamo in mente da anni e il titolo Zolfo è probabilmente nato già prima di scrivere le canzoni. Avevamo ben chiaro gli argomenti che volevamo toccare e sviscerare.

Quattro tracce che mettono in moto un viaggio emotivo capace di far esplodere, in ognuno di noi, il vulcano che porta dentro. Ma perché scegliere proprio un’esplosione vulcanica, come soggetto della vostra nuova opera?

Il titolo del disco è la sintesi del nostro rapporto con i vulcani. 

Oltre al fatto che viviamo molto vicini al Vesuvio, abbiamo sempre pensato al nostro modo di fare musica come al racconto di un’eruzione, con la quiete e l’esplosione estremi dei nostri pianissimi e fortissimi. La sfida di dover descrivere sensazioni, e luoghi senza l’uso delle parole è stata avvincente e speriamo davvero di essere riusciti a trascinare gli ascoltatori nello stesso viaggio immaginario che abbiamo fatto noi. 

Se si ascoltano le tracce una di fila all’altra, si finisce con l’affondare e il risalire dal magma di un lavoro denso, emotivo, a tratti violento. Un concept è una bella sfida all’ascoltatore medio, in tempi come questo: credete che esista un pubblico per un lavoro come il vostro, oppure “Zolfo” è un totale salto nel buio anche per i Malmö?

Se ogni volta che abbiamo scritto una canzone avessimo fatto i conti con quello che chiede il mercato, probabilmente non avremmo pubblicato nemmeno i due dischi “cantati”. É ovvio che il riscontro del pubblico è un fattore fondamentale per chi scrive musica, per chi fa arte in generale, ma non siamo mai stati ossessionati dal successo o dalle tendenze del momento. Siamo anche molto consapevoli di aver fatto un lavoro molto radicale e coraggioso, ma speriamo che questa scelta venga in qualche modo ripagata.

Raccontateci un po’ il filo narrativo che lega i brani. Siamo curiosi di conoscere come avete trasformato in musica le immagini che volevate raccontare!

C’è un filo conduttore che lega tutto l’Ep. Abbiamo cercato di descrivere tutto ciò che avviene prima, durante e dopo un’eruzione usando i quattro elementi fondamentali: acqua, terra, aria, fuoco. Così ogni brano in qualche modo racconta una fase attraverso un elemento. 

Come avete lavorato in studio alla realizzazione dell’EP? E’ frutto di un lavoro di preparazione preliminare oppure alcune cose sono nate anche ad impronta, semplicemente attraverso l’improvvisazione?

La pre-produzione di questo lavoro è stata molto accurata. La scelta dei suoni, degli strumenti, degli arrangiamenti in generale è frutto di una profonda riflessione fatta quasi a bocce ferme. Abbiamo registrato cose che avevamo già attentamente collaudato, scegliendo di volta in volta i suoni e gli strumenti che meglio descrivevano ciò che volevamo raccontare. Un esempio per tutti sono le chitarre classiche usate in “Sciara” che riportano al Mediterraneo e alle sonorità del nostro Meridione.

Avete pensato ad una trasposizione video del vostro “film musicale”?

Sarebbe davvero molto bello perché alla fine questo genere di composizioni si sposa benissimo. Magari in futuro, chissà…

https://open.spotify.com/artist/6dHFhxw5uxV8SJtOmwbb3q?si=mvuo6BgVRmuNv8ltFmCucw