Ciao Maëlys, ciao Filippo, benvenuti. È da poco uscito “Magneti”, che suggella una vostra collaborazione iniziata da diversi mesi. Com’è nata questa collaborazione?
F: Ciao e grazie mille.
M: Ciao e grazie per questa chiacchierata. La nostra collaborazione nasce in modo molto spontaneo dato che c’è una bella amicizia alla base e questo si riflette anche nella scrittura dei pezzi.
Dopo Chilometri abbiamo sentito l’esigenza di lavorare a nuova musica insieme. Io e Filippo ci tenevamo tanto a fare un’esperienza totalizzante e autentica come poteva essere una residenza artistica: abbiamo passato due settimane in un posto puro e incontaminato, la mia casa al mare in Puglia. Gran parte del disco è nata lì, poi da settembre in poi abbiamo ripreso il lavoro e ora ci siamo quasi.
Quali sono i punti di contatto tra i rispettivi progetti che fanno sì che questa parentesi insieme sia perfettamente in armonia con i vostri percorsi musicali?
M: è come se i nostri gusti musicali si completassero a vicenda. Abbiamo background diversi ma non lontani. Potremmo fare mille nomi di influenze, ma non sarebbero mai sufficienti e comunque credo fermamente che la nostra memoria musicale sia estremamente sfaccettata. Diciamo che, senza ombra di dubbio, andremmo insieme ad un concerto di Sampha, Saya Gray, Frank Ocean.
In questi mesi diversi singoli hanno anticipato il disco, come per esempio “Un motivo per piangere”: cosa vuole lasciare all’ascoltatore, con il suo mood delicato e malinconico?
M: “Un motivo per piangere” nasce da un’idea di Claudio “Sup Nasa” La Rocca che, oltre alla scrittura, ha lavorato anche alla produzione del pezzo.
Era un brano che aveva nel pc da tempo, un giorno ci manda la demo pensando che il pezzo fosse adatto al nostro mondo, per noi è stato amore a primo ascolto.
Abbiamo subito iniziato a lavorare al testo e alla produzione.
Dopo pochissimo tempo il pezzo era quasi completo.
F: Il bridge è nato in una fase successiva: ci piaceva l’idea di un cambio scena imprevisto e siamo finiti in questo mood inaspettato anche grazie a Cesare Bergamelli che ha suonato la parte di batteria.
Quando abbiamo scritto questa canzone stavamo riflettendo sui cambiamenti che affrontiamo quotidianamente.
Le nuvole, anche quelle più scure, non sono mai statiche e questa cosa si riflette anche su di noi: come loro siamo in continua trasformazione, in movimento costante.
Questa crescita ci permette di avere più consapevolezza per affrontare il presente e il futuro senza restare ancorati ai rimorsi del passato.
Com’è stato pensare a un album “50/50”? Avete avuto bisogno di un primo momento di “assestamento” reciproco o è avvenuto tutto con naturalezza istantanea?
F: entrambi ragioniamo poco a singole canzoni, ci piacciono i dischi e ci piace provare a fare dischi.
Proprio per questo motivo l’idea di un album per noi è stata naturale.
Questa naturalezza si riflette anche nel nostro modo di pensare i live: per noi è la parte fondamentale del lavoro e questo ci porta a perseguire la stessa direzione.
M: Scrivere la quasi totalità del disco in dieci giorni, poi, è stato incredibile: quando riascolto adesso i brani mi rendo conto che abbiamo creato una sorta di microspazio che è la perfetta fusione delle nostre sonorità e che dipinge esattamente il momento che stavamo vivendo. E quel piccolo mondo, come dice Filippo, per noi è importante farlo vivere attraverso i concerti.
E ora il mondo dei live: cosa dobbiamo aspettarci dai vostri concerti insieme?
Magneti è nato già proiettato nella dimensione live.
I concerti ci permettono di dare nuova vita alle canzoni e speriamo di farne il più possibile. Dal vivo facciamo comunicare il nostro passato con il nostro presente: questo perché ci siamo accorti che i nostri lavori precedenti comunicano bene tra di loro e con l’universo di Magneti.


