Un disco dedicato alla perdita dell’illusione, al romanticismo della malinconia e alla provincia più profonda.
Satantango è l’omonimo album d’esordio dei Satantango, in uscita venerdì 21 novembre per Dischi Sotterranei.
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Anticipato da 9.11 e Permafrost, l’album è il ritratto lucido e inquieto di una periferia immobile e sospesa, romantica e decadente.
Come quella ai confini di Cremona, tra la nebbia e i prefabbricati dove è nato e ha scelto di restare il duo formato da Valentina Ottoboni e Gianmarco Soldi, il cui nome è un omaggio all’omonimo film ungherese del ‘94 di Béla Tarr – tratto dal libro del Premio Nobel per la Letteratura László Krasznahorkai, anche sceneggiatore del film – che racconta il declino di un villaggio sperduto in una terra grigia, solitaria, desolata e fangosa tanto simile alla loro.
In Satantango atmosfere struggenti e oniriche si alternano a muri di suono travolgenti su cui galleggiare e viaggiare lontano: un’ipnotica bolla sonora da cui lasciarsi catturare, stordire e cullare.
Un sound avvolgente e velato di inquietudine che si muove tra shoegaze e dream pop, tra dark e alternative con incursioni nel prog, forgiato dagli ascolti di artisti come My Bloody Valentine, Slowdive, Cocteau Twins, Placebo e Linda Perhacs, e che si fonde a una scrittura ricercata e immaginifica, venata di amara ironia. Parole sussurrate con delicatezza e che rimangono subito incastrate in mente, affrontando anche temi profondi e sociali, si stagliano in un panorama sonoro al tempo stesso melodico e sporco, denso e rarefatto, sognante e disilluso.
Satantango si guarda dietro, dentro e intorno con un realismo romantico eppure nitido e disincantato. Un disco nato dall’esigenza di raccontarsi e di raccontare una storia profondamente soggettiva ma, nella sua essenza più profonda, universale. Sentimenti e visioni intime e personali ma in cui può specchiarsi un’intera generazione: quella che avevano cullato su speranze e ambizioni smisurate, a cui avevano promesso di possedere il mondo ma che si è ritrovata tra le mani solo le briciole e la sensazione di trovarsi fuori tempo in un mondo che corre troppo veloce.
Per questo è un album che vuole anche perdersi fuori dalla realtà e volare lontano sulle ali della musica, in pure stile shoegaze, o dei ricordi del passato, dell’infanzia e dell’adolescenza, tra treni persi, manifestazioni nelle strade, feste notturne, cinema che hanno chiuso, cascine in rovina, ciminiere, ciclabili sterrate, tralicci, argini e campi infiniti.
Parliamo della provincia e di come si vive ai margini, in una terra isolata e a suo modo desolata, dell’amore/odio per questi posti in cui non c’è nulla ma a cui siamo affezionati perché sono casa. Aggiunge la band. È un disco scritto da outsider, lontani da tutto, quasi guardassimo le cose su uno schermo.
E forse proprio per questo lo sguardo è più consapevole e pregnante, un po’ come quello dei fotografi dell’Hindemburg citati in Villa Alluvioni, che si sono ritrovati impotenti a scattare foto a un disastro quando dovevano scattarle a una grande celebrazione del progresso.
Il realismo di Satantango è lucido ma anche poetico e fortemente cinematografico. A partire dal nome stesso della band fino ai titoli di canzoni come Gioventù Amore e Rabbia e Cinema Tognazzi, i riferimenti a un certo cinema permeano tutto il progetto, come anche nell’utilizzo del bianco e nero: un rimando vintage e malinconico al passato che riflette l’amore, oltre che per Tarr, per autori come Antonioni e Godard. Una scelta che si sposa alla perfezione con i colori del paesaggio invernale padano e con l’immaginario shoegaze underground delle band anni 90.
E che torna poi nei testi, che scattano fotografie immaginifiche, muovendosi tra riferimenti al passato e riflessioni lancinanti nella loro immediata profondità (Tutte le coincidenze noi le abbiamo perse, non resta niente solo quello che è importante; oppure Ti hanno detto è meglio se cominci a correre, l’Italia non perdona, ma basta un poco di zucchero e la pillola va giù prima della prima ora).
Satantango è nato lentamente ma in modo fluido: otto brani che si aprono con 9.11, una data che simboleggia l’inizio della caduta, e si chiudono sui titoli di coda di Cinema Tognazzi. Tra questi – i primi due a essere scritti -, altri sei pezzi arrivati uno dopo l’altro, seguendo inconsapevolmente un fil rouge creativo: Gioventù, amore e rabbia, Outro, Permafrost, Strada Provinciale 6, Villa Alluvioni e Sigla.
Gran parte del materiale è stata scritta camminando nei campi, specialmente vicino alla vecchia centrale idroelettrica che alla fine è diventata la copertina dell’album (recentemente è stata ristrutturata, e un po’ ci dispiace), aggiungono i Satantango. Tutta la produzione è homemade, con un Mac book usato del 2009 e una scheda audio di fortuna. Avevamo bene in mente le sonorità che volevamo raggiungere: tra una take imperfetta ma emozionante e una take perfetta ma fredda abbiamo sempre scelto la prima, tanto che abbiamo deciso di tenere i provini quasi inalterati, registrando ex novo solo le batterie.
Una precisa scelta do it yourself che rispecchia appieno l’immaginario della band, dando forma a un album capace di restare addosso, con le sue parole sporche come la provincia.
TRACKLIST
1. 9.11
2. Gioventù, amore e rabbia
3. Outro
4. Permafrost
5. Strada Provinciale 6
6. Villa Alluvioni
7. Sigla
8. Cinema Tognazzi

BIOGRAFIA
I Satantango nascono nella provincia cremonese tra la nebbia e i prefabbricati. Il nome è un omaggio all’omonimo film ungherese del ‘94, che racconta il declino di un villaggio sperduto in una terra grigia, desolata e fangosa tanto simile alla loro. Il duo è composto da Valentina Ottoboni e Gianmarco Soldi, e nasce dall’esigenza di raccontare i sentimenti di una generazione unendo un suono sporco a una scrittura ricercata e immaginifica. Entrambi cresciuti immersi nella musica e nella creatività, negli ultimi anni hanno deciso di fondere le loro ispirazioni e passioni in un progetto musicale dall’approccio totalmente do it yourself, in cui scrivono, compongono e producono tutto da soli, in modo tanto istintivo e sincero nell’origine quanto poi pensato, elaborato e stratificato nella sua evoluzione. Tra atmosfere dark e alternative, passando per lo shoegaze e il progressive, i Satantango creano un ritratto lucido e romantico, drammatico e ironico, di una provincia dove la nostalgia è una zona di comfort, i cinema hanno chiuso e l’infanzia è sfumata insieme al mito dell’America degli anni ‘90. Anticipato da 9.11 e Permafrost, il 21 novembre 2025 esce Satantango, il loro primo album per Dischi Sotterranei e Sony Music Publishing.


