Skip to main content
Concepito come un rito di passaggio, “Io sono morta” è il nuovo lavoro discografico della Menestrella Femminista, cantautrice e performer romana che intreccia musica popolare, attivismo e poesia. Questo quinto EP apre con la title track e si compone di sei brani che attraversano sonorità e generi differenti, passando dalla musica popolare al rock/blues, mescolando canzoni originali e tradizionali rivisitate in chiave femminista.

Rispetto ai lavori precedenti, incentrati sulla denuncia e la critica sociale, questo nuovo capitolo rappresenta un’evoluzione: la Menestrella apre uno spiraglio verso la speranza, la trasformazione e la possibilità concreta di un altro modo di stare al mondo.

 

IO SONO MORTA

La title track “Io sono morta” introduce una visione spirituale e ciclica della vita, lontana dalla linearità patriarcale che associa la morte alla fine e la vita a un’unica direzione. In questa nuova prospettiva, la fine è solo un passaggio, un momento di rigenerazione. È un invito ad abbandonare l’angoscia e riconnettersi a una narrazione che accoglie, accetta e trasforma.

 

RADICE PROFONDA

Con “Radice profonda”, l’artista dà voce alla nuova generazione, musicando una poesia della giovane Carlotta Romano Decrock e affidandone l’interpretazione all’attrice Angeles Ortiz Lamuela. Una ballata intima e minimale, chitarra e violino a tessere un dialogo delicato tra tenerezza e profondità.

 

AVVOCATA DEL POTERE

La “Avvocata del potere” risuona come un inno rituale, una tammurriata contemporanea che rovescia l’idea di potere come dominio per riscoprirlo come forza creativa. Un brano corale, liturgico, che celebra il diritto delle donne a plasmare la realtà.

 

IO SONO UN DONO

“Io sono un dono” è invece un’ode all’economia del dono, quel sistema invisibile e antichissimo che tiene insieme la vita e le relazioni, opposto all’economia di scambio e al culto del denaro. Un invito a riconoscere il valore di ciò che è gratuito, disinteressato, vitale.

 

RITURNELLA

In “Riturnella”, dolce rivisitazione di una melodia tradizionale del Sud Italia, il tema della cura emerge come atto politico e spirituale. Dedicata a chi si prende cura degli altri, la canzone rovescia il disprezzo sociale verso questi ruoli e li innalza a fondamenta della comunità.

 

TE LO VOJO DÌ

Infine, “Te lo vojo dì” recupera una celebre melodia romana, ma ne ribalta il significato: il testo originale, che narrava un femminicidio dal punto di vista dell’assassino, viene trasformato in una nuova versione cantabile e consapevole, che restituisce dignità alla musica e alla memoria.

 

 

Nicoletta Salvi, in arte La Menestrella Femminista, intreccia nei suoi spettacoli musica, satira, narrazione e improvvisazione teatrale. Attraverso la tradizione musicale del centro e sud Italia, rielaborata con forza poetica e sguardo critico, dà voce alle storie delle donne nella società patriarcale, affrontando temi come la violenza di genere, gli stereotipi, l’ingiustizia sociale, ma anche la sorellanza, la solidarietà e la libertà individuale.

Attiva dal 2012, si è esibita in festival, circoli, spazi culturali, centri antiviolenza e manifestazioni femministe in tutta Italia e in Europa, trasformando ogni concerto in un’esperienza collettiva che unisce il divertimento alla riflessione.

Con “Io sono morta”, La Menestrella Femminista non canta solo la fine, ma l’inizio di una nuova possibilità. E lo fa con la forza della tradizione, l’ironia della satira e la potenza della consapevolezza.

ASCOLTA “IO SONO MORTA”!

 

https://orcd.co/menestrellafemminista-iosonomortaalbum

One Comment

  • Una donna che canta di donne, delle loro speranze, delle loro trasformazioni, dei loro dolori e delle loro vittorie.
    “Menestrella femminista”, così è il nome d’arte che, come usavano fare i giullari di grado elevato, non saltimbanco quindi, canta storie di una società in evoluzione da un punto di vista squisitamente femminile.
    Altri cantautori hanno messo in musica i cambiamenti epocali, le convenzioni matrimoniali, l’amore libero e anticonformista che stava prendendo piede alla fine degli anni ’60.
    De Andrè ad esempio con le sue canzoni “Bocca di Rosa”, “La canzone di Barbara”, “La canzone di Marinella” ha dato voce a donne che attraverso il loro amore libero sconvolgono le convenzioni rigide della società di quel periodo. Donne che rifiutano i vincoli che una relazione stabile comporta preferendo la libertà e il piacere immediato senza obblighi.
    Sono inni ad un amore vissuto senza imposizioni sociali e morali. Il piacere e la libertà di ogni persona diventano il punto centrale della vita.
    Storie di donne apparentemente libere quelle “cantate” da De Andrè. Incuranti dei limiti sociali ma incatenate ad un amore mercenario.
    Perché non ci può essere libertà senza rispetto.
    La libertà nelle relazioni scaturite dai movimenti di protesta del ’68, se da una parte volevano liberare le persone da “antiche forzature”, dall’altra hanno contribuito ad avere legami fragili.
    La ricerca del piacere senza la stabilità della vita di coppia ed il rispetto che ne consegue ha avuto conseguenze negative sulla durata e sulla qualità della relazione.
    Di queste scelte paghiamo le conseguenze in quanto, in nome della libertà, non siamo più capaci di accettare l’altro con il suo vissuto, le differenze individuali che lo caratterizzano. Anziché creare un ambiente di crescita e supporto reciproco, lo distruggiamo.
    Tutti i cambiamenti se esagerati non conducono all’obiettivo desiderato.
    Il femminismo ad esempio, nato come movimento per la rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne, ha preso una piega che ha delle ricadute negative sulla società .
    C’è una sorta di rivalsa in certi movimenti femministi quasi a voler dimostrare superiorità sull’uomo ma, in questo modo, si rischia di cadere negli stessi errori.
    Credo che bisognerebbe riappropriarsi della complementarietà delle figure maschili e femminili riscoprendo la bellezza di questa differenza.
    Non c’è niente di male a riconoscere che maschi e femmine sono diversi ma in questa differenza ci si completa. È la consapevolezza di essere diversi che fa crescere e maturare lo spirito di squadra che ci rende collaborativi ed attenti al bisogno dell’altro.
    La rivalità portata all’esasperazione, non ha mai del positivo, ed essere consapevoli che siamo diversi ma complementari non ci rende meno protagonisti nella storia.
    Angela D’Alessandro
    Comitato “Prolife insieme”
    http://www.prolifeinsieme.it
    Rispondi

Lascia un commento