Lezioni di canto — Kublai
In Lezioni di canto Kublai firma uno dei lavori più compiuti e consapevoli del suo percorso, un disco che rifugge la forma del racconto autobiografico diretto per affidarsi a una narrazione fatta di immagini, frammenti e atmosfere. È un album che procede per accumulo emotivo più che per svolte evidenti, e che trova la propria forza nella capacità di suggerire, evocare e lasciare spazio all’ascoltatore.
Kublai racconta la propria vita intrecciandola a immagini fortemente evocative, che scorrono come fotogrammi su una Milano d’altri tempi: una città sbiadita, attraversata da una fashion week decadente, lontana dall’immaginario patinato e sempre più simile a un rituale stanco, e da interni domestici in cui una nuova vita prova a farsi spazio dentro un appartamento del centro. È una Milano osservata dal basso, vissuta nei suoi dettagli più ordinari, che diventa lo sfondo ideale per un disco sospeso tra disincanto e trasformazione.
I luoghi non sono mai semplici scenografie, ma veri e propri dispositivi narrativi. Le strade, le case, le stanze chiuse parlano quanto i protagonisti, e contribuiscono a costruire un racconto in cui il privato si fa politico e il quotidiano assume un valore simbolico. In questo senso, Lezioni di canto è anche un disco sulla maturità: quella che arriva senza clamore, insinuandosi lentamente nella vita di chi la attraversa.
Dal punto di vista sonoro, Lezioni di canto conferma Kublai come un cantautore capace di mischiare parole ed elettronica calibrandole sapientemente. Gli arrangiamenti elettronici sono misurati, mai invadenti, e dialogano con la scrittura senza sovrastarla, accompagnando la voce più che guidarla. Le basi sembrano spesso trattenute, come se evitassero volontariamente qualsiasi esplosione, rafforzando l’idea di un disco che lavora per sottrazione e controllo.
Le melodie non cercano l’impatto immediato né il ritornello memorabile a tutti i costi. Preferiscono insinuarsi lentamente, crescere ascolto dopo ascolto, lasciando che siano le parole a sedimentare. Ed è proprio la scrittura il vero centro di gravità dell’album: testi frammentari, ellittici, capaci di parlare di relazioni, passaggi di vita, genitorialità, desideri e disincanto senza mai cadere nel compiacimento o nella nostalgia facile.
Kublai osserva se stesso e ciò che lo circonda con uno sguardo lucido, a tratti disilluso, ma sempre profondamente umano. Non c’è mai giudizio, semmai una presa d’atto, una consapevolezza che attraversa tutto il disco e lo rende coerente dall’inizio alla fine. Lezioni di canto è un album che chiede tempo e attenzione, ma che ripaga chi è disposto ad abitarlo davvero.
Un lavoro maturo, coerente, che usa la città, la memoria e l’elettronica come strumenti per raccontare una trasformazione personale che, proprio per questo, riesce a farsi universale.


