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Il nuovo album del fisarmonicista pluripremiato che porta la fisarmonica fuori dai suoi limiti e dentro una visione poetica, contemporanea e cinematografica.


 Intervista completa

1. “Oltrepassare” è il tuo disco più maturo: cosa rappresenta per te?

«Oltrepassare è senz’altro il mio lavoro più maturo, quello in cui ho voluto parlare nel modo più sincero possibile di ciò che vivo oggi. È un album-manifesto, un invito ad andare oltre l’idea della fisarmonica come strumento soltanto folcloristico, senza rinnegare la tradizione, ma attraversandola.
Volevo mostrarne il volto più poetico, contemporaneo e cinematografico.
In questo disco ho oltrepassato anche un confine “formale” perché la fisarmonica resta sì la protagonista, ma non è mai sola: dialoga con archi, pianoforte ed elettronica, dentro un suono di oggi, moderno perché vero, perché mio.
E poi c’è un confine più profondo, quello del pregiudizio che per me nasce anche da alcune ferite vissute crescendo con questo strumento, a volte persino come bullismo, ferite che qui diventano voce e strada.
Questo disco parla del coraggio di attraversare i pregiudizi, e di fare un passo oltre ciò che pensiamo di noi stessi e ciò che gli altri pensano di noi.»


2. Dai viaggi alle collaborazioni: cosa ti è rimasto dentro di queste esperienze?

«Degli incontri umani e artistici – come quello, per me davvero speciale, con Dario Marianelli – e dei viaggi nei cinque continenti mi resta soprattutto una consapevolezza: la diversità conta, nella musica e nelle persone.
Essere un musicista “cosmopolita” non significa solo collezionare timbri esotici, ma lasciarsi cambiare dai luoghi… e queste differenze finiscono inevitabilmente in ciò che scrivi.
Da Marianelli e altri musicisti con cui ho collaborato ho imparato un binomio che porto con me come filosofia: più un musicista è grande, più è umile.
In Oltrepassare tutto questo diventa un respiro più ampio, quasi orchestrale. Non c’è solo la fisarmonica: c’è un mondo che la circonda e la fa risuonare in paesaggi nuovi.»


3. Che ruolo ha la fisarmonica nella tua scrittura?

«Per me la fisarmonica non è mai solo uno strumento. È una voce narrativa che apre porte.
È un suono fisico, fatto di aria, di respiro, di storie. Ci lavoro come su un personaggio, cercando un timbro o un gesto che dica qualcosa prima ancora della melodia.
In Oltrepassare è il filo rosso, ma non è mai sola: ogni volta che incontra altri strumenti attraversa un confine nuovo.
Volevo un suono intimo, da cuffia, e allo stesso tempo un’immaginazione più grande… come se il disco fosse una stanza che si apre su paesaggi diversi.
Da appassionato di musica da film, mi piace pensare che questo lavoro possa diventare la colonna sonora delle storie che ogni ascoltatore si porta dentro.»


4. Cosa significa per te essere un riferimento per i giovani fisarmonicisti?

«Sapere che musicisti di tutto il mondo studiano e suonano le mie composizioni è una delle soddisfazioni più grandi.
A quel punto la musica non è più soltanto tua, ma diventa vita, studio, palco e futuro per altre persone.
La vera responsabilità è dare nuova linfa alla fisarmonica e alla scuola italiana, non con slogan, ma con nuova musica, scrittura, dischi, concerti, insegnamento.
La libertà, per i fisarmonicisti di domani, è trattare la fisarmonica per ciò che è davvero: un suono contemporaneo, umano, capace di respirare come una voce.
Se esiste una nuova scuola italiana, mi piace immaginarla così: curiosa, aperta, senza confini, pronta a oltrepassare.»

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