Con “Nessuna Via di Mezzo”, Carlo Pontevolpe firma un nuovo capitolo del suo percorso artistico: sincero, diretto, senza filtri. Dopo i singoli che lo hanno fatto conoscere al pubblico per la sua sensibilità cantautorale e per l’attenzione ai dettagli sonori, il cantautore torna con un brano che trasforma la fine di una storia in un inno alla libertà emotiva. Un mix di malinconia e ritmo, dove l’elettronica non anestetizza il dolore ma lo trasforma in movimento. Dietro le sonorità pulsanti si nasconde una riflessione matura sul tempo, sull’amore e sulla capacità di restare fedeli a sé stessi anche quando tutto cambia.
“Nessuna Via di Mezzo” sembra nascere da una ferita, ma suona come un atto di liberazione. Ti capita spesso di trasformare il dolore in ritmo, come una forma di catarsi musicale?
Ciao e grazie per questo spazio! Assolutamente sì. Per me scrivere è sicuramente un modo, come per tanti, per “sfogare” delle emozioni, ma col tempo ho capito che farlo è anche utile a connettermi con alcune parti di me che, forse inconsciamente, desidero preservare o sviluppare, come la sensibilità e l’empatia, così rare oggi (secondo me).
Nel brano parli della fine di una relazione, ma con un’energia electro-pop molto viva. È una scelta consapevole quella di raccontare la malinconia attraverso un sound pulsante, quasi danzante?
Dato il tema, non volevo una canzone melensa o triste all’ennesima potenza e affiancare una musica energica e veloce è stato funzionale a questo scopo. È stata una scelta consapevole ed è un escamotage che ho imparato dai grandi della musica: ad esempio, di recente, mi è capitato di vedere un behind the scene di “Under the Bridge” in cui i Red Hot Chili Peppers raccontano proprio di aver voluto inserire degli accordi in maggiore per bilanciare la melodia malinconica della canzone.
Hai detto che volevi un brano “ancora più veloce di Non Ne Posso Più”. Cosa rappresenta per te questa corsa verso sonorità più elettroniche e immediate? È un modo per liberarti da certe etichette cantautorali?
Detto onestamente, non penso di avere addosso alcuna etichetta al momento, semplicemente perché non sono così conosciuto da meritarne (sorrido). È stata una scelta consapevole perché amo il pop e faccio musica in primis perché piaccia a me stesso. Ascolto spesso le mie canzoni e questa è al momento la mia preferita.
Nel testo ritorna “Domani”, un titolo di una tua vecchia demo. È come se ci fosse un filo rosso tra il Carlo adolescente e l’artista di oggi: cosa è rimasto uguale e cosa invece hai dovuto lasciare indietro?
Sì, c’è eccome questo filo rosso. È rimasta uguale la sensibilità e la voglia di comunicare quello che ho dentro con le canzoni, che credo siano un mezzo potentissimo. È cambiata l’illusione di essere in qualche modo speciale. Ovviamente sono maturato e oggi sono disilluso riguardo ad un eventuale successo. D’alto canto sono molto determinato, non mi sono fermato davanti alle tante difficoltà che ho avuto soprattutto dopo il secondo singolo. Il Carlo adolescente purtroppo avrebbe mollato.
Il video, con la “sposa dark” che attraversa la periferia milanese, ha un’estetica forte e simbolica. Cosa rappresenta quella figura e che ruolo ha l’immagine nella tua musica?
Rappresenta l’amore finito di cui parla la canzone. L’immagine per me conta molto per dare forza al messaggio delle canzoni. Se da un lato girare i video clip mi risulta piuttosto faticoso, devo dire che poi il risultato finale spesso mi soddisfa. Non vedo l’ora che esca questo video!
Dalla paternità alla fragilità dei sentimenti, i tuoi brani sembrano seguire un percorso di crescita personale. Dove senti che ti sta portando questo viaggio artistico? Stai già immaginando un album o un progetto più ampio?
Sì, seguono certamente un percorso di crescita personale. È una domanda che ha due risposte: da un lato mi piacerebbe poter immaginare un futuro artistico con album, concerti…ma come ho già detto sono piuttosto disilluso. Inoltre, mi finanzio da solo e non potrò andare avanti con questo livello per molto (dopo aver pubblicato quattro singoli e altrettanti videoclip in un anno circa). Dall’altro lato, penso che questo percorso sia soprattutto finalizzato ad abbracciarmi e ad accettarmi come persona e come artista libero, soprattutto dai giudizi esterni da cui ho spesso fatto dipendere la mia soddisfazione rispetto a ciò che facevo. La mia musica non arriverà mai al numero 1 in classifica, non farà mai dischi di platino, però io credo sia ben fatta e, soprattutto, a me piace molto.


