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Il cantautore e poeta Kublai, alter ego di Teo Manzo, è tornato con un nuovo singolo dal titolo evocativo “Belva rara del ritorno”, pubblicato il 4 settembre 2025 in distribuzione Believe Music Italy. Nel brano, la nostalgia diventa una creatura selvaggia e misteriosa che accompagna il rientro dalle vacanze, trasformandosi in metafora di un’emozione potente e difficile da domare. La scrittura ellittica e sospesa, che richiama atmosfere anni ’70 e intreccia cantautorato, elettronica ed echi di prog, conferma Kublai come un unicum nel panorama musicale italiano, capace di unire poesia, immaginazione e introspezione. Lo abbiamo intervistato per voi.
 

INTERVISTA

1. Nel nuovo brano la nostalgia diventa una creatura potente e misteriosa: com’è nata l’immagine della “belva rara” e che cosa rappresenta per te?

Rappresenta quel fantasma del passato che vogliamo a tutti i costi incontrare ancora, anche a costo di illuderci, di mentirci. La “belva rara del ritorno” è il mito di una felicità passata, e lo sforzo di ritrovarla, che a noi sembra vitale, in realtà, ci allontana dal vivere. Nella canzone immagino che questa belva sia un miraggio collettivo dal quale, per stare nel presente, sia necessario distogliere lo sguardo.

2. Rolling Stone aveva già descritto la tua musica come un intreccio tra canzone d’autore, elettronica ed echi prog: in che modo Belva rara del ritorno porta avanti – o magari ribalta – questa definizione?

C’è sempre un legame con la cosiddetta canzone d’autore in quello che faccio, l’idea dietro al progetto KUBLAI è di coniugarla con altri mondi. Come ho già detto in altre occasioni, il grande “problema” del nostro cantautorato è la dittatura del testo, che straborda, rende tutto funzionale a sé stesso. Nel mio piccolo provo a compensare questo squilibrio, un testo può essere “musicale”, rispettoso del canto e del contesto, e nondimeno avere un valore letterario.

3. Rispetto al disco d’esordio, la tua scrittura sembra aver trovato una dimensione ancora più poetica e trasparente: c’è stato un momento preciso in cui hai sentito il bisogno di spostarti verso questa nuova intensità emotiva?

L’aggettivo “poetico” è sempre un po’ inafferrabile, specie in ambito musicale. Sicuramente credo di essermi spostato verso una maggiore trasparenza. Non c’è un momento di svolta preciso nel mio percorso, penso che quando impariamo a contattare le nostre parti sepolte anche la comunicazione all’esterno si fa più lucida, più fluida, semplice. Per fare ciò, almeno nel mio caso, ci sono voluti molti anni (e ancora molti ce ne vorranno).

4. Il brano esce proprio a inizio settembre, periodo di ritorni e di nuovi inizi: quanto conta per te la scelta del tempo e del contesto in cui pubblicare una canzone?

Diciamo che conterebbe molto, credo nella “stagionalità” delle canzoni. Da indipendente però non sempre riesco a pubblicare ciò che voglio quando voglio, sembra un paradosso ma è così. Nel caso di Belva rara del ritorno settembre è perfetto, per il resto sono ormai rassegnato al disordine.

5. Guardando avanti, Belva rara del ritorno è un episodio isolato o possiamo leggerlo come l’anticipazione di un nuovo percorso discografico più ampio?

Questa canzone è tratta dal mio prossimo disco, credo uscirà fra qualche mese. Anzi, lo spero.

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