Con Nodi, Colombo (pseudonimo del compositore e songwriter Alberto Travanini) firma un disco che, oltre a essere un lavoro di scrittura personale e introspettiva, è anche una prova di maturità sonora e arrangiativa. Il progetto, interamente in italiano ma con evidenti suggestioni internazionali, fonde pianismo minimale, texture elettroniche, glitch emotivi e arrangiamenti ambient. Il risultato è un album coerente, dinamico e profondo, che merita un ascolto tecnico tanto quanto emotivo.
L’apertura affidata a “Uomini forti” è già una dichiarazione d’intenti: un brano che riflette sull’ideale tossico di virilità, costruito su accordi spezzati al piano, beat scomposti e una voce trattata che suggerisce tensione emotiva più che perfezione. In un panorama musicale dove la vulnerabilità maschile è ancora spesso nascosta, Colombo sceglie invece di esporla con eleganza e rigore.
Lungo le tracce dell’album si alternano momenti di sensualità trattenuta, come in “Libido”, a episodi di pop destrutturato e luminoso come “Arancio”, che apre a un immaginario più melodico ma sempre attraversato da soluzioni sonore raffinate. “Unisono” e “K” spingono invece verso territori più cupi e introspettivi, con arrangiamenti minimali, a volte claustrofobici, che rinunciano a formule prevedibili in favore di una narrazione più sincera e spiazzante. A chiudere il disco c’è “Lucido”, una traccia più ritmica e aperta, che suggerisce un senso di chiarezza ritrovata dopo la tempesta.
Colombo sceglie di non “cantare bene” in senso tradizionale, ma di interpretare. La sua voce si fa spesso fragile, imperfetta, sfuggente: un elemento testurale più che un vettore melodico puro. Anche qui risiede la forza del progetto, che rifiuta la standardizzazione e si muove con naturalezza tra elettronica, cantautorato, ambient e soul. Il risultato non è mai derivativo, pur dialogando con riferimenti espliciti a James Blake, Sampha e Bon Iver.
Nodi è un lavoro curato, autentico e coraggioso. Un disco che riesce a essere “d’autore” senza risultare pretenzioso, emotivo senza scadere nel patetico, raffinato senza perdere accessibilità.
Il suo unico possibile limite, paradossalmente, è proprio ciò che lo rende speciale: l’inclassificabilità. In un panorama italiano spesso appiattito su formule prevedibili – tra indie-pop omogeneo, trap melodica e cantautorato post-Sanremo – Colombo rischia di risultare troppo complesso per certi algoritmi e troppo ibrido per certe playlist. Ma è proprio in questa ambiguità che risiede la sua forza: Nodi non è un prodotto da scaffale, è un’opera che va vissuta. E forse, proprio per questo, avrà una vita più lunga di molte altre uscite contemporanee.