Canzone intima, essenziale e onesta. Compleanno è il nuovo singolo della band Parti Intime, e sembra nato per dire tutto quello che resta in sospeso quando gli anni passano, le persone cambiano e le relazioni diventano fantasmi ricorrenti nei giorni che dovrebbero essere di festa. Un brano che si prende i suoi spazi, anche di silenzio, e che sceglie di non forzare il suono dove bastano il vuoto e l’eco. L’abbiamo chiesto direttamente a loro: da dove nasce questa nuova sensibilità e che ruolo ha avuto la residenza immersiva nel verde dove il brano è stato scritto? Ecco l’intervista integrale.
Compleanno è una canzone piena di assenze sottili. Se poteste invitare al vostro prossimo compleanno una persona che manca – reale, simbolica o inventata – chi sarebbe e perché?
Questa domanda ha strappato un sorriso amaro ad ognuno di noi, da chi ha scritto il testo a chi ha raccontato la sua storia attraverso le note di una chitarra o di un synt. La riflessione condivisa da cui nasce questa canzone è ben riassunta dalla frase di un nostro caro amico in comune:
“Dopo i 20 anni, non troverai mai qualcuno senza cazzi.”
Questo francesismo spiega bene chi vorremmo invitare al nostro prossimo compleanno. Cioè? La risposta facile sarebbe “chi non è più nelle nostre vite”. Sì, perché la frase “ma oggi è luglio ed è il suo compleanno” nasce dall’ironia della sorte che ha voluto far coincidere il compleanno di una di queste persone con quello di uno di noi. Ma la cornice più ampia del giorno del proprio compleanno come un momento per tirare le somme, estende l’invito a tutti coloro che hanno deciso di uscire dalla nostra quotidianità, per rientrarci solo quando il retro dei nostri pensieri sfugge al controllo della nostra razionalità protrettrice.
Avete scritto questo brano durante una residenza immersi nel verde. Cosa succede alla vostra musica quando viene tolta dal “rumore” della quotidianità?
Ogni canzone, dai classici immortali di Lucio Dalla e Pino Daniele, ai primi esperimenti in cameretta di uno studente fuori sede, è pregna del contesto in cui è stata concepita. I pezzi torinesi sanno di lamiere e piogge estive, quelli abruzzesi di provincia e mancata rivoluzione, quelli napoletani di terra lasciata ad asciugare al sole.
Parti Intime è stato creato in una stanza e si è poi evoluto in luoghi diversi, non avendo mai veramente avuto modo di sposarsi con un singolo contesto. Per questo motivo abbiamo voluto provare a far nascere la nostra nuova musica in quello che noi crediamo essere il contorno più rappresentativo delle Marche: il verde coltivato.
Una natura che è sì toccata dall’uomo, ma senza il vincolo delle otto ore lavorative, il traffico, i meeting, insomma, la trappola della quotidianità calendarizzata da Google.
Così facendo, Compleanno è riuscita a non essere un prodotto condensato di un dopolavorista, una canzone reazionaria che si lamenta della camicia di chi l’ha scritta. Il sound di questo brano ha seguito piuttosto il ciclo delle stagioni, così come le terre coltivate, che in questo caso è stato l’inverno.
Ha senso pubblicare un pezzo che odora di inverno a fine luglio? Per noi sì, e alla fine va bene così.
Nel brano si sente una cura rara per il silenzio. Cosa vi fa decidere che una pausa è più potente di una nota?
“Il troppo stroppia”, diceva se non ricordiamo male Gandhi. Ma potremmo ricordarci male.
Riempire ogni singolo quarto con delle parole è stata la caratteristica della stragrande maggioranza delle canzoni italiane del nuovo millennio. Questa, a nostro parere, è l’espressione dell’ansia del nostro tempo, in cui la praticità viene prima della poesia, in cui l’obiettivo è riuscire a dire tutto, e dirlo chiaramente, non sia mai che non si capisca bene quello che si voleva esprimere.
Ecco, anche noi siamo spesso caduti in questo tranello retorico. Questa volta, quindi, abbiamo provato a lasciare un po’ più di spazio al tappeto sonoro, che è tutt’altro che silenzio. Uno spazio in cui chi ascolta Compleanno può vagare, in cerca della persona mancante da invitare alla propria festa.
Cosa deve avere, per voi, una canzone per meritarsi di essere lasciata “imperfetta”? Quando capite che è il momento di smettere di limare?
Agli occhi di chi l’ha scritta, una canzone non sarà mai definitivamente conclusa. Si narra che il ping pong che parte dalla sessione di registrazioni e finisce con il master possa durare anche decenni.
Il nostro obiettivo è sempre stato quello di portare in studio la stessa verità che c’è nello scrivere all’aperto con un semplice giro di chitarra. Quando passano i mesi durante la produzione c’è sempre il rischio di non ricordare più quel momento, e allora lì ci si ferma.
E per rispondere ancora più sinceramente, la nostra soglia minima di accettazione ha un nome ed un volto: Eugenio, del Ganapati Studio. Negli ultimi anni lui è stato la voce fuori dal coro a cui ci siamo affidati per mettere fine alle nostre velleità artistiche, o più semplicemente, ai nostri “capricci”.