Ska, folk rock e teatralità per raccontare la fragilità e trasformarla in resistenza. Con il nuovo singolo “Canzone della Banda dei Matti”, Leandro Pallozzi – insieme ai suoi Vecchi Draghi – lancia un grido satirico e poetico contro la patologizzazione della vita quotidiana, la medicalizzazione del dolore, la società che prima crea il disagio e poi lo cura a pagamento.
Il brano, accompagnato da un videoclip multilingue in stile anime cinematografico, si muove tra danza, denuncia e visione filosofica. L’abbiamo intervistato per farci raccontare il cuore del progetto e il percorso che lo lega all’universo dell’Oltrememoria.
1. Da dove nasce l’idea di combinare ska, folk rock e teatralità per affrontare il tema della salute mentale?
L’idea nasce dalla volontà di rompere lo schema: parlare di sofferenza psichica e disagio sociale senza cadere nel pietismo o nella malinconia estetizzata. Lo ska e il folk rock hanno una forza energica e popolare, ci permettono di trasformare il dolore in ritmo, la rabbia in ballo, la denuncia in teatro.
Veniamo da palchi veri, da strade, da piazze: volevamo che il messaggio restasse vivo, contagioso, accessibile. E la teatralità serve proprio a questo: non per “fare scena”, ma per mettere in scena ciò che spesso resta invisibile.
2. Nel ritornello parli di una “banda di matti”: è una definizione autoironica o una provocazione rivolta alla società?
Entrambe. “Banda di matti” è un’espressione che ci appartiene, perché non ci siamo mai sentiti normali, nel senso imposto dal mercato e dal profitto. Ma è anche una provocazione: chi è davvero folle oggi? Chi sente troppo, chi cade e si rialza, o chi finge di stare bene in un mondo che ti spreme e poi ti vende soluzioni?
La follia non è solo personale: è costruita, organizzata, monetizzata. La canzone prende in giro proprio questo meccanismo.
E lo fa con ironia, perché ridere è il nostro modo di resistere.
3. Il videoclip utilizza un immaginario anime e un approccio multilingue: come hai lavorato alla sceneggiatura e cosa volevi comunicare con questa scelta estetica?
Abbiamo scelto uno stile anime cinematografico per creare un contrasto tra estetica colorata e contenuto tragico. Lo storyboard è costruito come un film, con personaggi simbolici che danzano nei luoghi del disagio contemporaneo: cliniche, centri commerciali, grattacieli, metropolitane.
Le scritte bilingue (italiano/inglese) amplificano il messaggio: la follia è globale, sistemica, non locale. È il mondo stesso che gira come una giostra impazzita.
Con la regia abbiamo voluto evocare la sensazione di trovarsi in un mondo dove tutto è spettacolo, anche la sofferenza. Ma chi guarda, può ancora scegliere da che parte stare.
4. In che modo “Canzone della Banda dei Matti” si inserisce nel tuo percorso artistico con I Vecchi Draghi e cosa possiamo aspettarci dalle prossime pubblicazioni?
“Canzone della Banda dei Matti” è un tassello fondamentale del nostro nuovo progetto artistico: un concept album ispirato all’Oltrememoria, un luogo poetico e filosofico dove il tempo si piega, la memoria si riscrive e le emozioni diventano resistenza. Questo brano si inserisce perfettamente nel filo rosso dell’album, che include anche Canzone per Francesca, Canzone del senso e del nulla, Canzone dell’assenza, Canzone per Anna, Canzone alla regina del mercato, Canzone per Focs (in uscita ad agosto) e due inediti in fase di completamento.
Un ruolo fondamentale lo ha Francesca De Giovanni, attrice teatrale e appassionata di psicologia sociale, che nei live è la voce narrante del gruppo, figura chiave per dare corpo e parola alla nostra visione. La sua presenza è centrale anche nel lavoro creativo: Francesca è il mio baluardo di luce ispirativa, la voce che apre e attraversa i nostri brani con sensibilità e forza scenica.
Da sempre critichiamo questa realtà consumistica e capitalistica, ma sempre a ragion veduta: alle spalle c’è una riflessione filosofica profonda, che ha trovato spazio anche nel mondo accademico attraverso pubblicazioni scientifiche riconosciute a livello internazionale.
Il progetto Oltrememoria non si fermerà all’album: la nostra ambizione è realizzare anche un musical interdisciplinare, dove musica, teatro, filosofia e video arte possano fondersi per raccontare una storia collettiva di resistenza creativa.