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Un disco tra delicatezza pop, mutamento e libertà

Romantico, pop, delicatissimo… sottile. Forse l’ombra di troppi noti rimandi, ma anche quella piacevole sensazione che ti fa dire:

“Magari quei famosi rimandi fossero così ispirati ancora oggi.”

Patrizio Piastra ci regala un ascolto che non lasciamo in sordina, ma che sottolineiamo con piacere: “Nuvole animali inesistenti” è un disco che — sì — richiama cose che conosciamo, e che forse nasconde un poco di personalità.
Però non perde al confronto.
Però non si nasconde dietro soluzioni comode.
Però, insomma, semplicemente è così.

Il pop d’autore semplice, quello che colpisce con il potere della sintesi.


Dentro scenari mutevoli: come ti rapporti alla mutevolezza delle cose? La cerchi o la risolvi?

Non credo la mutevolezza sia qualcosa da risolvere. La vedo come una parte inevitabile e importante del percorso. Indubbiamente può avere un impatto traumatico e destabilizzante a volte, ma si può imparare ad ascoltarla e ad accettarla come una spinta ad andare avanti.
Anche perché se ci pensi, è la nostra stessa esistenza un continuo mutare: fisico, psicologico, caratteriale. Quindi sarebbe inutile risolverla o combatterla.
Riflettendoci, nel mio piccolo, in questo disco ho dato voce alla consapevolezza di scenari che sono cambiati nella mia vita e che di riflesso hanno cambiato me in qualche modo.


È un disco che nasce da un pensiero o da un sogno? Qual è la sua vera origine?

Per rispondere a questa domanda mi ricollego a quella precedente, per dare prima di tutto un contesto “pratico”: è nato in uno di quei momenti di “mutazione” di cui parlavamo prima.
Ho avuto la fortuna, con YOUAREHERE (band elettronica attiva dal 2011), di produrre dischi e suonare tra piccoli e grandi palchi per anni. Poi la band, proprio per quegli scenari mutevoli di cui sopra, si è presa una pausa. Ed è lì che ho cominciato a maturare nel tempo l’idea di tornare alla mia attitudine musicale primordiale e più intima, affidando il tutto solo a una chitarra.
Ecco, questa è la spiegazione più pratica. Se vogliamo dargli un senso più filosofico, anche qui torno in parte alla risposta precedente: è frutto del bisogno di prendere coscienza di alcuni cambiamenti avvenuti in questi anni nella sfera personale, quindi attiene più al pensiero che al sogno.
Forse non è un caso che il primo brano che ho scritto per questo disco sia intitolato proprio “Se si pensa”.


E quanta scuola classica e contemporanea dentro… da Benvegnù a Fabi. Se chiedessi a te le tue origini di suono?

È sicuramente dovuto al fatto che in questo disco ho voluto accanto a me Massimo Giangrande e Andrea Biagioli di Produzioni dal Bosco. Entrambi sono musicisti che per anni hanno contribuito ad alimentare, dietro le quinte e non solo, quella scena di cui parli.
Massimo in particolare ha avuto ruoli fondamentali in produzioni riconducibili a questo contesto, sia in studio che dal vivo.
È un modo di pensare e produrre musica nel quale mi riconosco, indipendentemente però dalla “casella” scuola o scena. Anche perché le mie origini sonore hanno radici diverse.
In questi casi non so mai se sia utile citare dei nomi, perché si rischia di influenzare l’ascolto. Ma inevitabilmente il musicista è prima di tutto un ascoltatore e un appassionato. Quindi nel mio modo di costruire i brani potresti trovare il mio amore per il Battisti più acustico, o il Thom Yorke più intimo, ma anche per la poetica di Samuele Bersani o per l’eleganza melodica degli Elbow.
Ti assicuro che, anche per piccoli momenti o intuizioni, dentro quello che provo a costruire ci sono anche tante altre cose.
Mi piace pensare che quello che faccio sia frutto di un campo largo di sonorità, anche perché è così che vivo la musica: non sono un fanatico di un genere o stile in particolare. È più un fatto emozionale, di come la musica mi arriva e di come la tiro fuori. Non so come dirti.


Sbaglio o manca un video ufficiale in rete?

Al momento ci sono due lyric video, per i primi due singoli “E quindi tu” e “Se si pensa”. Prossimamente pubblicheremo un video di un brano eseguito live nello studio di Produzioni dal Bosco, e più in là ci sarà sicuramente un video per il prossimo singolo.


E che bella questa copertina… sul crinale sembra un samurai. Una lotta contro la natura? Una fuga? Come l’hai fatta?

Sai che sei la seconda persona che ci vede un samurai? È interessante…
In realtà è una foto che ho scattato a mio figlio qualche anno fa. Eravamo in un parco e lui correva su e giù su quel prato con in mano un bastone. C’era questa nuvola gigante sopra di lui, e mi era sembrata un’immagine potente e suggestiva, come se stessero giocando insieme, mio figlio e la nuvola.
Quando cercavo un’immagine che potesse rappresentare il tema più o meno comune a tutti i brani e al titolo del disco, ho pensato subito a questa foto.
Non la vedo né come una lotta né come una fuga, piuttosto un momento di libertà.


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