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In un’epoca in cui tutto si fa da soli, dove ci ostiniamo a crederci soli e indistruttibili— si lavora da casa, si canta sulle basi, si produce in cuffia — salire su un palco in 18, suonare strumenti veri, guardarsi negli occhi per seguire un cambio, diventa un gesto fuori dal tempo. E proprio per questo, profondamente politico. Il 14 giugno a Cascinet, i Deaf Kaki Chumpy tornano sul palco per un concerto di raccolta fondi a sostegno della popolazione palestinese. Una serata di musica, ma soprattutto di presa di posizione. In un momento storico in cui l’arte sembra spesso rifugiarsi nell’ambiguità, la band sceglie di schierarsi in modo esplicito, usando la propria voce collettiva per sostenere una causa urgente.

Fare musica insieme come gesto radicale:
Ma l’atto politico non è solo nella destinazione dei fondi. È nel gesto stesso del suonare insieme. In una scena musicale dominata da produzioni soliste e suoni digitali iper levigati, i Deaf Kaki Chumpy rivendicano un altro modo di stare al mondo. Una musica fatta di corpi, ascolto, errori condivisi (in 18 è abbastanza difficile non fare errori sul palco, noi plebei non ce ne accorgiamo ma loro, jazzisti e accademici probabilmente sì, e stare nell’errore e quanto di più umano e bello possiamo accettare di fare). Un’idea di collettivo che resiste all’isolamento, e che si fa testimonianza viva di un’alternativa possibile.

Una delle voci storiche del gruppo – Emma Lecchi:
«Dopo una lunga pausa torniamo a suonare nuova musica che registreremo questa estate nel nostro terzo disco», racconta Emma Lecchi, una delle voci del gruppo. «In un mondo veloce e sintetizzato al massimo, vogliamo portare avanti l’ideale del collettivo indipendente. Siamo un ecosistema che vive e sopravvive grazie alla pluralità e alla collaborazione, una caravella portoghese (la creatura marina, s’intende) in cui ognuno svolge un ruolo diverso e fondamentale: ogni persona coinvolta dà il suo contributo per tenere vivo un focolare di sperimentazione e condivisione. Ci piace pensare che questo sia il modo in cui si possano realizzare grandi cose e attuare cambiamenti».

Chi sono i Deaf Kaki Chumpy:
Diciotto musicisti, una formazione mobile ma affiatata, tra fiati, chitarre, tastiere, ritmi spezzati e improvvisazioni. Il loro sound sfugge alle definizioni, ma lascia un segno preciso: quello di una comunità sonora viva, che si costruisce ascoltandosi. Più che una band, un organismo.

Un suono che costruisce legami:
Il concerto del 14 giugno è molto più di una data in calendario. È un manifesto: per una musica che unisce, che resiste, che crea spazi di incontro. In un panorama che premia l’efficienza solitaria, i Deaf Kaki Chumpy scelgono la lentezza, la cooperazione e la molteplicità. E ci ricordano che anche fare musica, oggi, può voler dire cambiare qualcosa.

Il concerto è in collaborazione con “Vento di terra” ONG tramite la quale vengono raccolti i fondi. 

Foto di Marco Biunno

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