È un brano che si muove tra vibrazioni elettroniche e sfumature urban, quello che Berto ci regala con Chiamami, ma soprattutto è un pezzo che vibra di vita vera. La scelta di partire, l’incertezza di ciò che verrà, l’amicizia che resta come unica ancora di salvezza: in questa canzone, ogni dettaglio è specchio di un vissuto profondo. Lo abbiamo intervistato per entrare nel cuore di un singolo che parla di distanza, coraggio e trasformazione.
La nostalgia è una delle emozioni più forti che attraversano “Chiamami”. Come la vivi nel quotidiano?
La nostalgia fa male, è vero. Ma non fa più male dell’infelicità interiore o della noia esistenziale. Chiamami nasce proprio da quel senso di mancanza e distanza che ho vissuto durante il mio anno in Australia: ero dall’altra parte del mondo, e la lontananza dalla mia famiglia si faceva sentire fortissimo. Però sapevo che mi volevano bene, e che erano fieri del percorso che stavo facendo. Oggi, vivendo in Danimarca, riusciamo a vederci più spesso e questo mi ha aiutato a trovare un nuovo equilibrio. La nostalgia resta, ma è una parte del viaggio. E in fondo, è anche quella che dà profondità e verità a ciò che scrivo.
Il messaggio vocale che citi nel brano rappresenta un ponte tra passato e presente. Quanto è difficile mantenere vivi quei legami quando si è lontani?
Quando parti e resti lontano dalle persone che ti sono sempre state vicine, capisci davvero chi resta e chi, piano piano, si allontana. Ci sono amici che pensavi sarebbero stati per sempre nella tua vita, e poi smettono persino di scriverti un semplice “ciao, come stai?”. All’inizio fa male, ma poi impari a fare pace con questa realtà. Ho capito che i veri amici li conto sulle dita di una mano e che alla fine, la cosa più importante è la famiglia. È l’unica certezza. Il messaggio vocale in Chiamami rappresenta proprio questo: un filo che unisce il passato al presente, un modo per non perdere quel contatto, anche quando tutto cambia.
Hai mai avuto paura che il tempo potesse cambiare irreversibilmente i rapporti con le persone lasciate in Italia?
“Vedo una stella, mi mette un po’ più tranquillo, in fondo se sei lontano, ti senti un po’ più vicino.” Questa frase di Chiamami racchiude perfettamente quello che ho vissuto. Quando sei lontano, è inevitabile avere paura che il tempo possa cambiare tutto, che i rapporti si raffreddino o si perdano del tutto. All’inizio cercavo di restare in contatto con tutti, ma col tempo ho capito che non tutto può o deve restare com’era. Alcune persone si allontanano, altre spariscono, ma chi ti vuole davvero bene resta, anche nel silenzio. La distanza ti fa capire chi c’è davvero, chi continua a mandarti anche solo un messaggio ogni tanto. E, paradossalmente, anche una piccola cosa come guardare il cielo o l’orizzonte del mare e pensare a qualcuno può farti sentire più vicino, anche se sei a chilometri di distanza. È lì che ho trovato un certo tipo di pace, e ho imparato a non avere più paura del cambiamento, ma a fidarmi dei legami che sanno resistere al tempo.
Nella tua musica si percepisce un equilibrio tra malinconia e speranza. Quanto ti aiuta la scrittura a gestire questi sentimenti?
La scrittura per me è fondamentale. È il modo più sincero che ho per tirare fuori quello che sento, soprattutto quando faccio fatica a parlarne. Mettere nero su bianco certi pensieri mi aiuta a capirli meglio e a sentirli un po’ meno pesanti. La malinconia fa parte di me, ma cerco sempre di bilanciarla con un messaggio di speranza. Nella musica non voglio solo raccontare quello che vivo, ma anche provare a dare forza a chi si sente bloccato, incastrato in una routine che non gli appartiene. Con Chiamami, ad esempio, volevo proprio questo: trasmettere il coraggio di cambiare, di partire, di mettersi in gioco anche quando fa paura. So cosa significa sentirsi persi e non riuscire a uscire da quella sensazione. Il viaggio mi ha cambiato, e se le mie canzoni possono aiutare anche solo una persona a fare il primo passo, allora tutto avrà ancora più senso.
Qual è la prima cosa che fai quando torni a casa, in Italia?
La prima cosa che faccio quando torno in Italia è passare del tempo con la mia famiglia. Non c’è nulla che mi faccia sentire più a casa di questo. Poi, cerco di vedere anche qualche amico, quelle persone con cui è facile ritrovare la connessione, anche dopo tanto tempo. E, ovviamente, mangiare bene! Non c’è niente che mi manchi di più quando sono lontano, e il buon cibo italiano è sempre la prima cosa che cerco.