Chitarre e voce si abbracciano e si intrecciano in questa canzone che sa di tenerezza e amore. Ad accompagnare questa dolce e delicata melodia c’è un videoclip girato da Alfredo Tarantini e Jacopo Canali all’interno del Parco Romano di Villa Sciarra, nei dintorni del Gianicolo e nell’osservatorio di Monte Mario.
Incuriositi, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l’artista!
“L’ora più dolce” è un titolo che evoca immagini poetiche. Qual è il momento più dolce per te nella vita quotidiana o nella musica?
La natura mi commuove sempre e mi rende la vita un po’ più dolce. Ho vissuto per anni in grandi città come Milano e Roma, ma tornare a vivere vicino al mare, in provincia, mi ha restituito il verde, l’azzurro, gli uccelli che nidificano sulla mia terrazza, i gatti e tutto quanto oggi mi ricorda che siamo animali anche noi. Solo che stiamo perdendo la tenerezza, la stiamo barattando per un po’ di tecnologia, e questo non è buono…
Hai parlato di quanto la parte creativa della scrittura sia quasi istintiva per te. È stato così anche per “L’ora più dolce”?
Sì, in questo periodo sono colpito da questa contrapposizione tra le generazioni, inasprita da una condizione socio-economica abbastanza degradata. Somatizzo molto e poi rilascio tutto in parole e musica. È così ogni volta che ci sono temi o argomenti che mi turbano. Mi piacerebbe tornassero toni più pacati.
Cosa ti ha colpito di più nella voce di Manuela Limina e perché hai pensato fosse perfetta per questo brano? Avete trovato subito l’intesa musicale o è stato un percorso graduale di conoscenza reciproca? Ti piacerebbe collaborare di nuovo con lei in futuro? Magari per un intero progetto?
Con Manuela ci conosciamo da tanti anni. Ho sempre amato la sua voce, e abbiamo già collaborato in passato su brani quali “L’uomo di Ieri”, “I Was Born Yesterday” e “Free”. Ha un’ottima presenza vocale e, per i vocalizzi presenti in questo brano, è davvero perfetta.
È un brano un po’ anomalo, non ha un vero e proprio ritornello. Se vogliamo, il culmine è l’assolo di chitarra preceduto da questi vocalizzi che seguono un’armonia che esce e rientra dalla tonalità della canzone. Serviva mantenere le note molto a lungo e, secondo me, è uno dei suoi punti di forza. Se ascoltate il finale de “L’uomo di Ieri” o di “I Was Born Yesterday”, ve ne renderete conto.
Ovviamente, la canzone è per una voce femminile, molto dolce, e non sarebbe adatta a un’interpretazione maschile, anche per via del testo.
Per il futuro, mai dire mai. Collaborare con lei è sempre piacevole, credo anche per lei. Chissà…
Se potessi parlare con il Giuseppe D’Alonzo degli esordi, che consiglio gli daresti sulla carriera musicale?
Sono abituato a guardare sempre avanti. È, a mio avviso, un inutile esercizio voltarsi indietro e aggrapparsi al senno di poi.
Seguo sempre il mio istinto e da sempre accetto quello che ne vien fuori. Solo così non si scende a compromessi e si fa sempre quello che si ama fare. Non dico sia giusto o sbagliato, è solo il mio stile di vita.
Se si misura il punto di arrivo come unica cifra di una vita o carriera, allora il mio lifestyle è completamente sbagliato perché non sono orientato al risultato globale. Se invece cerchiamo di goderci il viaggio ogni singolo giorno, tutto diventa parte di una cosa sola. Le passioni, gli amori, i lavori: tutto contribuisce a rendere speciale ogni singola cosa che si fa.
Ovviamente, i compagni di viaggio hanno un peso importante nella vita o carriera di una persona. Così come negli affetti, anche in qualsiasi tipo di percorso, se si incontra la persona giusta e si cammina insieme, possono avvenire cose straordinarie.
Dopo “L’ora più dolce”, quali altri temi ti piacerebbe esplorare nei tuoi prossimi progetti?
Al momento penso molto a come la società moderna e la tecnologia ci stiano portando verso un isolamento forzato. Le difficoltà che incontrano le persone nel mettersi in gioco in una relazione seria mi danno tanto da riflettere.
L’economia influisce molto, ma non è l’unico fattore. Potremmo vivere con molto, molto meno e riscoprire i veri valori della vita. Ma sono scelte che portano anch’esse a una sorta di isolamento. Quindi sembra non vi sia via d’uscita: o sulla ruota del criceto o a terra.
Sembra che chi abita il mondo occidentale debba correre da solo. Il forte calo delle nascite ne è la prova. C’è tanto su cui riflettere.