DI Simone Mercurio
Quel che conta è l’attitudine. Perchè la primavera non è (solo) una stagione ma un mood, uno stile di vita, un modo di pensare, di vivere, di ascoltare la vita. E di ballarci sopra.
Mai nome fu piu azzeccato, dunque, per un festival come Spring Attitude kermesse che lo scorso weekend ha letteralmente inondato di suoni i gloriosi studios di Cinecittà a Roma.
Agli amanti della musica live il nome primaverile non può che ricordare un celebre festival cult di stanza a Barcellona, ma lo Spring Attitude romano, giunto ormai alla sua tredicesima edizione, ha assunto negli anni una forte personalità propria crescendo ed evolvendo insieme ai suoi artisti e a lineup da sempre molto attente a quello che nell’ambiente indie, alternative, elettronico e clubbing si muove in Italia e nel resto del mondo.
La primavera è uno stile, un approccio alla mutazione, all’evoluzione, alla contaminazione che mette insieme i venti umidi siberiani e le correnti secche sahariane. Nella meteorologia questo provoca la formazione di potenti e pericolose trombe d’aria, ma per fortuna parliamo di musica, e la contaminazione provoca tornado di sonorità buone che vanno oltre gli steccati di genere.
E così, in questa ricca tre giorni romana ci è capitato di ascoltare le nenie sarde cantate dalla voce potente di una cantautrice premiata al Tenco come Daniela Pes tra synth, suoni dub, house e percussioni tribali suonate da Mariagiuli Degli Amori; e abbiamo partecipato al concerto di una – ormai – star del raffinato cantautorato in salsa dance come Cosmo. Abbiamo poco prima ascoltato l’accattivante cantautorato rock sghembo e potente del siciliano Marco Castello e l’universo musicale e ipnotico con sferzate tribali di un talento fuggito all’estero come Marta Del Grandi ormai da due album di casa alla londinese Fire Records.
Lo Spring Attitude si conferma una rassegna fatta da gente che ama davvero la musica che produce un festival per chi ama la musica. Al netto di sponsor, codici QR, cibarie e beveraggi iperponsorizzati e merch vario a prezzi stellari. E’ così ovunque e a tutto questo ci siamo rassegnati: mantiene il baraccone e si pagano i musicisti, che è ciò che conta.
Un festival coraggioso lo Spring che punta su nomi che spesso si sono rivelati essere “thenextbigthing” e che mette insieme una lineup con pochi artisti di richiamo mainstream.
E’ stato così qualche anno fa con uno sconosciuto Cosmo ai suoi esordi ma quest’anno headliner con il sold out di un pubblico giovane e adorante a cantare e danzare i suoi inni e i suoi ritmi. Ma anche le sue posizioni che non nasconde e che prende (letteralmente) di petto: nei suoi brani (“La presidente, il capitano, la famiglia, l’italiano, gli spacconi senza l’oro” da Troppo Forte) come sul palco con una fluttuante e presente bandiera palestinese.
Abbiamo beccato live “er synth pop de Roma Est” (cit.) dei meravigliosi Bobby Joe Long’s Friendship e il sound forse troppp magmatico degli inglesi Fat Dog esordienti e relegati al primo pomeriggio che si muovono tra punk, dance, klezmer e mille altre (troppe?) influenze. Per loro un brano su tutti è una vera bomba: il singolo Running, che promette prossime sorprese per questa giovane band che si muove dentro l’immenso minestrone musicale del post punk.
Per chi vuole ballare c’è stato certamente certamente l’imbarazzo della scelta ma su tutti da sottolineare il travolgente collettivo franco-algerino Acid Arab e la techno militante della dj e producer femminista palestinese Sama’ Abdulhadi, protagonista dei migliori festival in giro per il mondo tra cui Coachella, Glastonbury e Circoloco.
Citare tutti sarebbe complicato, per una line up che ha messo insieme Motta con il suo ultimo adrenalinico progetto, e la giovane e bravissima cantautrice toscana Emma Nolde, ma anche e altri giovani emergenti come Gaia Morelli e Anna and Vulkan, al fianco di grandi nomi internazionali come (oltre i già citati Acid Arab e Fat Dog) Viagra Boys, The Blaze, Kiasmos, Bar Italia, Barry Can’t Swim, Mount Kimbie, Film School, Samà Abdulhadi, Jersey, Naska, IRBIS, centomilacarie, Rosolo Roso e ATARDE.
Un festival in perenne evoluzione, dunque, lo Spring Attitude, che fin dalla sua nascita non smette di alzare la posta in gioco, rimettendosi sempre in discussione ma rimanendo fedele allo spirito originario: quello di celebrare, come raccontano gli stessi ideatori “la primavera come attitudine, la fioritura come visione del mondo, la rinascita come risposta alla decadenza. A prescindere dal periodo dell’anno”.
Dal primo pomeriggio a notte fonda abbiamo vissuto in una sorta di bolla del “think positive”, del “pensiero positivo” fatta arte e musica. Una invasione di suoni semnza treguan dal primo pomeriggio a notte fona. Due palchi uno accanto all’altro e un brulicare , un pogare di bella gioventù a sorridere e danzare.