Con il disco “Ouverture” ce ne siamo innamorati e siamo felici di ritrovarli oggi, dopo la pubblicazione del nuovo disco “Perché amo il mio lavoro”. Stiamo parlando della rock band romana Hofmann Orchestra, tra le realtà più interessanti della scena underground e con una grande e sana voglia di emergere.
Ciao ragazzi e bentornati! Un anno fa il nostro primo incontro. La Hofmann Orchestra è cresciuta in questo periodo?
- Ciao, prima di tutto siamo cresciuti numericamente: è entrato un nuovo elemento come chitarrista aggiuntivo.Riguardo le registrazioni del nuovo album abbiamo allargato la squadra con Davide Lasala e Andrea Fognini in veste di produttori.
Speriamo di essere cresciuti anche qualitativamente, la sfida è sempre quella di farlo in modo costante e continuo.
A dimostrazione del vostro ottimo stato di salute, il nuovo singolo “Perché amo il mio lavoro”. Dentro ci troviamo il vostro tagliente rock alternativo ma con qualche cosa di diverso, come se il processo di scrittura abbia subito una sua evoluzione. Diciamo bene?
- Sì, il processo di scrittura è cambiato notevolmente. Aver lasciato la produzione artistica a persone “esterne” alla band ha fatto sì che io potessi concentrarmi maggiormente sulla composizione e sulla stesura delle liriche. Può sembrare strano ma questo brano, come tutti gli altri, è stato scritto con un approccio quasi cantautorale: partendo quindi da voce e chitarra/pianoforte, dando molta più importanza al cantato e al contenuto dei testi cercando di nascondermi meno dietro le parole.
Il testo è ipnotico quanto martellante nel ritornello. Crea esattamente quella sensazione alienante di chi lavora senza sosta. Come siete arrivati a questo risultato?
- Passo pochissimo tempo sui social (fortunatamente) ma in quel poco tempo mi sono imbattuto spesso in post con facce sorridenti con scritto “in ufficio alle 23 di Venerdi” e sotto vari hashtag del tipo “#lovemyjob” o “#amoilmiolavoro”. Mi sembrava una frase che si prestasse bene per quel tipo di sensazione.
Questo non vale solo per il lavoro d’ufficio, anzi.
La nuova musica vi ha anche portati sui primi palchi. Come sono i vostri live e che risposta state ottenendo a livello di pubblico?
- La reazione è complessivamente più che buona, anche se non abbiamo ancora molto pubblico, chi viene a vederci è sempre piuttosto divertito dalla performance. In generale dal vivo prepariamo uno spettacolo non troppo lungo (circa 70-80 minuti). Puntando però su un ritmo abbastanza serrato, soprattutto nella prima metà del live.
Il 2023 vedrà nascere anche il vostro prossimo disco. Qualche anticipazione?
- Posso dire che è un disco molto diverso rispetto al suo precedente “Ouverture”, sicuramente più maturo per quanto riguarda scrittura e sonorità. Speriamo raccolga il giusto riconoscimento da parte degli addetti ai lavori.