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Ci sembra un disco acido, un “non-luogo”, da alcune parti che sanno di new-bave inglese ed altre che ci rimandano alle tinte americane del post-rock. Da una parte qualche indefinita luce alla Mogway, dall’altra anche qualche bel guizzo metallico dei Kasabian. E poi tanto altro dentro questo nuovo disco dei Queen Lizard dal titolo “Heilige Luna!”. In rete il video di “No Sun” e l’ispirazione nel voler parlare di distopia e di futuro nuovo. Un disco senza contorni che ci piace moltissimo…

“Heilige Luna!”. Bel titolo: partiamo da qui. Cosa significa? Radice letteraria a quanto sembra…

Il titolo del disco è tratto da una poesia di Hölderlin, che parla dello stupore di fronte ad una natura benevola, retta però da Dei misteriosi. Il poeta impara a muoversi nella realtà della natura con devozione mistica. Vivere è una sorpresa continua. I testi nascono come poesie, solo in un secondo momento sono stati innestati sulle musiche. Tutti i membri della band leggono poesia; consapevolmente paghiamo un tributo di gratitudine agli scrittori e agli artisti che ci hanno formato, consci di essere “ciò di cui ci nutriamo”: Sylvia Plath, Anne Sexton, Franz Kafka, Marina Cvetaeva sono alcuni tra questi oltre a immagini come i quadri di Nolde, le foto di francesca Woodman. Non dimentichiamo che in questi brani è l’inconscio a dire la sua, e l’inconscio si vendica di notte. Schelling diceva che l’arte deve iniziare con consapevolezza e terminare nell’inconscio, cioè oggettivamente. L’inconscio spesso è la perla nell’ostrica: la perla è la malattia della conchiglia, se non entri in contatto con questa malattia o follia, non esce nulla. O meglio, uscirebbe qualcosa ma solo prosa relativa al profitto, unica religione. Allora, via libera alla follia dell’inconscio, ma “con misura”, come dicevano i Greci, altrimenti il pericolo è quello di rimanerci dentro, come Hölderlin e tutti quei poeti che si presero dei grandi rischi al posto nostro, per  tramandarci parole e poesia. Questa poesia di Hölderlin… cercatela e leggetela, è magnifica.

Tutto sembra non distorto ma volutamente non definito… e qui prendo spunto dalla copertina per raccontare il vostro suono anche…

L’immagine di copertina ritrae una ragazza che cammina sui binari. Scattai quella foto anni fa in un binario morto. Il colore rosso scuro è stato aggiunto dopo, ed è il colore del disco, dei suoni in esso contenuti. Il binario rappresenta il pericolo, il camminarci dentro la noncuranza del coraggio e il tempo che passa, la ragazza di spalle, l’incomunicabilità e la trascendenza. Sembrerebbe un fantasma. Non a caso, era un binario “morto”, dove i treni erano ormai (tra-)passati. L’immagine è sfocata, sgranate e a bassa definizione:  penso che le forme evidenti, sfacciate, troppo riconoscibili non solo non siano “belle”, ma talvolta, se non spesso, emanano una forma di bruttezza che viene spacciata per bellezza. Trovo questa bruttezza nelle canzoni troppo facili da assimilare, nei ritornelli triti, nella deperibilità di tanta musica popolare, nell’arte figurativa banale e nel cinema saturo di effetti speciali, tutte espressioni che celano una cronica carenza di idee. 

https://www.youtube.com/watch?v=8G_id4URs-A

Il video del singolo “No Sun”: un cut up di frenesia metropolitana. Ho come l’impressione che il viaggio non porti mai da nessuna parte… o sbaglio?

Il video è frenetico, è una fuga in un anello che riconduce al punto di partenza. Le ferrovie, le metropolitane, le periferie, la notte, i neon e le ambientazioni alla Blade Runner, luci intermittenti e movimenti frenetici, sono tutte fonti di ispirazione. Le ferrovie sono qualcosa di sorprendentemente silenzioso, quando non ci passa sopra il treno. Quando dormo, sento in lontananza i treni passare. Pensi a chi viaggia a quell’ora, almeno io ci penso, cosa starà leggendo o pensando. Nel video sono inserite anche immagini del mare, inutile negare che chi vive in Liguria come noi è strettamente imparentato con questo elemento…una volta Albert Camus scrisse: “Sono cresciuto sul mare e la povertà mi è stata fastosa, poi ho perduto il mare, tutti i lussi mi sono sembrati grigi, la miseria intollerabile”. Il video è un anello di Moebius, non ha un inizio e non ha una fine. Il nastro di Moebius è una superficie con curiose proprietà:ha una sola faccia, percorrendola su una faccia ci si ritrova infatti automaticamente sull’altra. Lo studio del nastro di Moebius è stato molto importante per la storia della matematica e ha contribuito a porre le basi della scienza chiamata topologia. Questa branca della matematica studia le proprietà delle superfici e dei volumi che non cambiano anche in seguito a deformazioni continue, che non prevedono cioè tagli, buchi o altre interruzioni della superficie. Invece per deformare un normale nastro cilindrico in un nastro di Moebius occorre interrompere la sua continuità: bisogna tagliarlo e rincollarlo scambiando destra e sinistra. Allegorico, no? Credo che nel video ci sia tutto questo, ma penso anche che il nostro videomaker non sospetti nulla di tutto ciò.

La voce dei Queen LIzard, dolce, eterea nel mix… è la favola dentro la realtà?

La nuova cantante è Claudia Pisani, viene da perecchie esperienze musicali, dischi solisti e progetti svariati. Penso che dal mix si possa evincere un amore per autori come P.J. Harvey, Mazzy Star e affini. Più che favola e realtà direi che il suono della voce, i testi e il resto entrano nell’ambito del liminale, della familiare estraneità, quella che i tedeschi, a proposito di Kafka chiamano “unheimlicheit”, Il perturbante nell’originale tedesco”Das Unheimliche” è il titolo di un saggio di Sigmund Freud, e da esso è divenuto un aggettivo sostantivato per esprimere, in ambito estetico, una particolare attitudine di un sentimento più generico della paura, che si sviluppa quando una cosa (o una persona, un’impressione, un fatto o una situazione) viene avvertita come familiare ed estranea allo stesso tempo, causando smarrimento unita ad una (s-)piacevole sensazione di confusione ed estraneità. Credo che il nostro disco esprima questo sentimento.

Siamo dentro un tempo distopico secondo voi?
Il termine “distopia” mi  ricorda Orwell; in greco Koinè la distopia è essenzialmente un “luogo cattivo”, un luogo di rovine In questo lavoro la distopia è presente sotto forma di inadeguatezza, ossia essere (o sentirsi) sempre nel posto sbagliato, come ad esempio la foto di copertina, una ragazza intenta a camminare sui binari. Alcune liriche parlano di “non—luoghi”, come ci ha insegnato Augè nel suo omonimo saggio, anticamere, scale, passaggi, le ambientazioni Liminal che si trovano in tanti progetti video e grafici figli della vapor-wave. Questi percorsi portano solo ad altri percorsi, nell’impossibilità di radicarsi nell’adeguatezza. Probabilmente è come essere entrati senza avere l’invito, sentirsi nella waiting room decantata dai Fugazi, nella quale solo la pazienza e la resistenza possono salvarti. Le rovine (o macerie) ci sono, ma sono abbellite, diciamo… le rovine  come nei quadri romantici di abbazie nella neve, servono per la contemplazione e non devono essere toccate, al contrario, le macerie possono essere nuovo materiale da costruzione, e vanno rimosse per fare spazio ad altro.

https://open.spotify.com/intl-it/album/1X10LwCObYLcxSfivlzy8e?si=16335004ef6a41be