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Benedetta Gaggioli è Beta Libre e avevamo messo in circolo “Decadence” per sincronizzarci con questa uscita. “Whinter Circle” è un concentrato di zone d’ombra ma anche di luce insperata, è un modo eccentrico di cadenzare il tempo e le sue spine, è una maschera che allo stesso tempo si indossa e poi si strappa via. Quelle sfumature di new wave e di suono digitale che tanto mi richiamano la spiritualità che trovo in certe derive berlinesi. Indaghiamo oltre l’estetica delle cose:

Il gotico e la spiritualità. Ma anche l’effimero e l’eccesso… è tutto parte della stessa persona? Oppure dentro questo disco confluiscono più anime differenti?

Ho passato troppi anni a sentirmi divisa in più anime, soprattutto in due principali, rappresentate dal colore blu e da quello rosso (un concetto ripreso anche nella copertina dell’album), a sentirmi attratta da due poli apparentemente opposti e inconciliabili. Fin da bambina mi sono sentita strana, incoerente, troppo straripante di idee e curiosità per una persona o una vita sola. Adesso ho accettato questa mia essenza irrequieta e assetata di esperienze diverse, quindi sì, è tutto parte della stessa persona, sono sempre io, sia quella che parla di piacere e desiderio in Enjoy, sia quella che urla disperata in Lost e anche quella che parla dell’affinità spirituale con l’acqua in Water. Mi sento finalmente unita in un insieme poco spiegabile ma con una sua coerenza interna e sicuramente questo mio album mi ha aiutato in questo processo di elaborazione ed unione.

Da dove proviene questo modo di pensare alla musica? Quali sono le tue radici?

Non vengo da una famiglia di musicisti, ma sono stata circondata da appassionati di musica di ogni genere (da piccola mio babbo alternava vinili di Bach e Mozart a Pink Floyd e Battiato, mentre mio zio mi fece innamorare degli Smashing Pumpkins) e forse per questo ho sempre sentito il richiamo viscerale della musica. Ricordo bene quando a sette anni scrivevo canzoni per le mie amiche e quando a tredici, per la prima volta, interpretai su un palco un mio pezzo accompagnata dalla mia chitarra. Ricordo l’emozione provata ma anche il potere benefico che aveva la musica su di me, quel suo aiutarmi ad elaborare quello che provavo, a tirarlo fuori. Poi, quando ho iniziato a studiare seriamente canto lirico e mi sono confrontata con i grandi compositori del passato ho iniziato a nutrirmi di musica di ogni secolo e per anni non ho fatto altro che esplorare, dal medioevo alle avanguardie contemporanee. Vedo la musica come un mezzo potentissimo per esprimersi e comunicare, ma soprattutto come un luogo di libertà, dove non ci sono confini e limiti e io posso essere autentica in tutte le mie sfumature.

E perché l’inglese? Non hai mai pensato di tradurre tutto questo in italiano?

L’inglese mi viene spontaneo, lo sento più naturale… probabilmente per il genere che faccio e per la musica che ascolto maggiormente. L’italiano l’associo all’opera lirica e ai grandi cantautori, invece io nella mia creatività mi sento più affine a Bjork… Ho provato diverse volte a scrivere in italiano ma mi sono sentita forzata e non sono mai stata soddisfatta del risultato (perlomeno per ora, poi chissà). In più mi piacciono i testi essenziali e semplici, a volte quasi dei mantra, ripetitivi, con poche parole dense di significato, e l’inglese è più comodo, con le sue parole brevi, per questo mio uso del testo e anche per il suo suono. Forse scrivere in inglese mi fa sentire anche meno nuda e vulnerabile e allo stesso tempo mi permette di essere più accessibile a tutti, meno legata all’italianità e più internazionale.

Quando e perché Benedetta Gaggioli diventa Beta Libre? Da dove ha origine questo moniker?

Beta Libre è nata ufficialmente un anno fa, ma sento che è sempre esistita, solo che prima era sopita e adesso finalmente le ho permesso di sbocciare. È stata una scelta difficile: dare spazio e voce alla mia creatività, alla mia parte più selvaggia e folle e intensa, mostrarla al mondo invece di tenerla ben nascosta. È nata dopo anni di carriera durante i quali ho interpretato musica di ogni epoca ma sempre scritta da altri compositori, di solito maschi. Mi sentivo limitata, chiusa in cattività, privata della mia forza creatrice. È stato anche grazie alla pandemia che ho maturato questa decisione: quel periodo più lento e introspettivo mi ha fatto riflettere sui miei bisogni e mi ha fatto sgorgare fuori (spesso di notte, tra sogni e insonnia) tante parole e melodie inaspettate. Ciò che voglio adesso è racchiuso nel nome che mi sono scelta: andare al nocciolo, preservando solo le parti estreme del mio nome (beta); essere libera di esprimermi (libre); brillare di luce propria e trovare un equilibrio tra le varie parti di me (beta librae è la stella più luminosa della costellazione della bilancia che è anche il mio segno zodiacale).

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