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Questa rubrica “ilprincipenudo” curata dall’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult per il quotidiano online “Key4biz” si dedica ad un monitoraggio del sistema culturale e mediale nazionale, con particolare attenzione agli aspetti non estetologici bensì strutturali, così intendendo la dimensione organizzativa-economica-tecnologica, e quindi politica della cultura, nel convincimento del nesso – di marxiana analisi – tra “struttura” e “sovrastruttura”, tra l’economico ed il semiotico.

Spesso ci si appassiona su questioni anche “minori”, ovvero – esemplificativamente – la “ripartizione” del Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo tra varie linee di intervento, dal sostegno alle sceneggiature alla produzione alla promozione, passando ovviamente per la “macro-voce” che più danari pubblici assorbe, da alcuni anni, ovvero lo strumento controverso del “tax credit”.

Come gli operatori del settore sanno (e certamente sanno anche i pochi ma qualificati lettori di questa rubrica), grazie all’azione vigorosa dell’ex Ministro “dem” Dario Franceschini, i fondi a favore del cinema e dell’audiovisivo sono stati stabilizzati per legge, a partire dall’anno 2017, a quota 400 milioni di euro… Nel corso degli ultimi 6 anni, questa dotazione è andata via via (anche grazie al sostegno post-Covid 19), crescendo, arrivando nel 2023 a ben 750 milioni di euro

Nel mentre, la dotazione dell’intervento pubblico a favore dello spettacolo dal vivo (teatro, musica, danza, circhi…) è rimasta sostanzialmente stabile, nell’ordine di poco più di 400 milioni di euro.

E qui naturale sorge un quesito (macro) di “politica culturale” ovvero di “economia della cultura”.

 

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