Già il titolo promette uno scontro d’arte notevole: “Underdog Vs Underdog”. Diego Pandiscia e Basia Wisniewska restano portanti come colonne di un progetto mutevole di contaminazioni, di innesti, di cambiamenti… il suono degli Underdog può dirsi collettivo e in costante cambiamento, continua metamorfosi. In dieci anni di vita e di mutazioni interne ed esterne, questo disco anche disponibile in vinile e pubblicato dalla label romana Phonosphera Records, contiene due line-up principali, “due dischi” di inediti raccolti lungo il cammino. Approfondiamo il concetto di una musica che nasce libera e si evolve in cerca di non-regole. E date un occhio al video ufficiale del singolo “Cold Moon In Deep Water”: è una storia di intelligenza artificiale.
Un vinile… un “doppio disco” in un certo senso. Dopo anni e anni di live serviva mettere un punto?
Serviva mettere due punti e riprendere un discorso di studio abbandonato, un pò perchè la nostra etichetta Altipiani Records stava concludendo la sua carriera, un pò perchè con molti cambi di line up avevamo la necessità di ricostruire un nostro suono. Siamo una band principalmente che amava essere in tour, dopo i due primi dischi abbiamo suonato molto all’estero fino ad arrivare negli USA e essenzialmente, forse pigramente, non volevamo fermarci in studio ma continuare a macinare chilometri.
La pandemia è stata la costrizione che ci ha imposto di riordinare le canzoni registrate in questi anni e di produrre quei brani che sentivamo necessari per “chiudere” il disco.
E perché in vinile? Domanda sociale più che di marketing…
Avevamo molti dubbi sulla qualità del suono sulle varie piattaforme di streaming, eravamo perplessi, non suonava come doveva suonare, c’era più di qualcosa che non andava. Poi è arrivato il test press (il vinile che viene inviato come prova di ascolto prima di stampare tutte le copie), abbiamo ascoltato il suono in vinile e ci siamo accorti della differenza netta: il suono è più corposo, profondo, completo, ha una differenza di qualità impressionante, non abbiamo dubbi su dove si debba ascoltare la nostra musica, nella modernità ci stanno abituando al mediocre e questo è sconcertante.
Resta fondamentale il discorso politico: il vinile lo devi mettere su un piatto, sei costretto ad ascoltarlo nella successione decisa da noi, non puoi saltare un brano con facilità, sei “costretto” ad ascoltare ogni brano nella sua interezza e nella successione decisa da chi ha prodotto l’opera, se ci pensi si avvicina molto di più al concetto di musica dal vivo “inizia lo spettacolo e lo devi assaporare nella sua interezza”.
Come avete scelto brani e formazioni da mettere in scena dentro questo disco?
Le due formazioni presenti nel disco riferiscono a due momenti storici ben precisi, due fasi della metamorfosi del progetto, sono state le formazioni più durature dopo, diciamo la formazione “storica”.
Io e Basia ci sentivamo lusingati di avere a supporto del progetto musicisti così raffinati che sono diventati a tutti gli effetti membri della band.
La prima formazione con Alberto Fiori e Tommaso Moretti aveva un timer inserito, dovuto al fatto che i due musicisti si sarebbero trasferiti a breve uno a Berlino ed uno a Chicago, sempre per seguire le proprie carriere musicali, abbiamo registrato il tutto in una lunga session prima della loro partenza.
L’altra formazione si è susseguita gradualmente, se non erro ci sono stati alcuni live in cui quasi tutti i componenti delle “due band” stavano usando insieme. Lorenzo Tarducci tuttora in formazione con noi ad esempio ha suonato con Tommaso nei Tribraco, gruppo storico romano che spesso divideva il palco con noi. Ivan Macera invece si è avvicinato al progetto affascinato dalla ricerca musicale, ma questo accomuna tutti gli “altri” Underdog, un background musicale e sociale ben definito, focalizzato nella ricerca di qualcosa di .. diverso?
Abbiamo scartato pochi brani, uno di questi era troppo felice, non sapevamo dove metterlo!
Titolo emblematico: sottende una sfida da cui non si esce e mai si vuole uscire vincitori?
A parte il contrasto ovvio dei due “gruppi” in realtà nel titolo c’è un pò il distacco da quello che siamo stati in passato, di allontanamento da quello che erano gli Underdog degli ultimi due album.
Parliamo tanto di ricerca musicale ma poi abbiamo creato un suono che ci caratterizzava, riconscibile, e allora anche la sfida di osare canzoni nuove, di andare oltre noi stessi, sono passati dieci anni, siamo cambiati radicalmente.
Mi sarei atteso un video ufficiale… ma non di questa portata. E sulle prime, così di primo acchito, non rispecchia le mie previsioni. Mi sarei atteso robe apocalittiche, distopiche. Ma in fondo, l’intelligenza artificiale, ci porterà a quello… o no?
Abbiamo affidato il videoclip a Davide Cardea docente dell’Accademia delle Arti e Nuove Tecnologie di Roma, ma anche fondatore dell’etichetta Megasound, per un lungo periodo abbiamo collaborato con lui, è sua l’idea del Music & Miles il tour che ci ha portato negli USA. Data la vicinanza con la band abbiamo chiesto a lui di produrre il video e essenzialmente ci ha usato come “cavie” per la sua ricerca artistica e ci ha proposto la sfida dell’IA. Ha ben colto l’atmosfera e la storia di Cold Moon, una storia d’amore finita male e ovviamente ci intrigava la sfida che l’utilizzo dogmatico della IA poneva. Apocalissi e futuro dispotico sono dietro l’angolo non credo l’IA possa influire più di tanto!
Io considero l’IA uno strumento come un’altro, messo nelle mani giuste può creare cose bellissime, messo in mani sbagliate probabilmente non aggiungerà nulla di nuovo, l’arte è fatta di idee e di vissuti personali, il mezzo attraverso cui esprimerla è secondario all’artista.
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