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Quando Paolo Benvegnù chiama, Roma risponde, sempre. A pochissimi giorni dall’annuncio dell’uscita del nuovo Ep “Solo Fiori” (Woodworm label), che arriva a tre anni dall’ultimo album di inediti del cantautore milanese “Dell’odio dell’innocenza” (Black Candy, 2020), Benvegnù sceglie la Capitale per presentare il nuovo lavoro di cinque brani anticipato dal singolo “Non esiste altro” (feat. Malika Ayane) e il Teatro Studio Borgna dell’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone lo accoglie entusiasta e gremito. Accompagnato da cinque eccelsi musicisti – Luca Baldini al basso, Daniele Berioli alla batteria, Gabriele Berioli alla chitarra, Tazio Aprile alla tastiera e Saverio Zacchei al trombone e sintetizzatori – Benvegnù fa il suo ingresso su un non – palco (caratteristica del Teatro Studio è quella dell’assenza dello stesso, il che fa sì che la corrispondenza d’amorosi sensi con gli spettatori sia totale) di foglie e fiori, squarciati dalla potenza di un live di quasi due ore ipnotiche, catartiche, magnetiche, rock. Le note de “Una nuova innocenza” inaugurano una scaletta praticamente perfetta che accontenta i fan della prima ora così come gli ultimi, proseguendo con “Io e il mio amore”, “Il nemico”, le nuove “Our love song” e “27/12”, “Pietre”. Il flusso di coscienza in musica collettivo si interrompe giusto il tempo di introdurre una delle voci più sublimi del panorama nazionale attuale, quella di Malika Ayane, che Benvegnù racconta di aver incontrato in una Berlino di anni fa ma con la quale solo da pochissimo ha realizzato il desiderio di una collaborazione, quella nella splendida ballata “Non esiste altro”: la Ayane fa il suo ingresso fasciata da un abito che la ricopre di stelle calde e lucenti come la sua voce, impreziosendo lo sposalizio meravigliosamente contrastante con quella roca e potente di Benvegnù, il quale racconta che è la metamorfosi il motivo che l’ha spinto a volere fortemente l’artista per questo brano, perché la vede in lei così come nelle parole che cantano; il duetto sfocia in “Telefonami”, brano della Ayane contenuto nel suo ultimo album “Malifesto” (Sugar Music, 2021), dunque il live prosegue con l’epica “La schiena”, la nuova “Italia Pornografica” – presentata pochi giorni prima in occasione del concerto del Primo Maggio di Roma – ed ecco che si arriva alla volta del secondo ospite della serata, che Paolo definisce “leggerissimo e profondissimo”, di calviniana memoria, all’apice di una presentazione più che lusinghiera: si tratta di Dario Brunori, che esegue con lui la sua nota “La verità” prima di tornare al repertorio di Benvegnù con la splendida “Il mare verticale”, fra i brani più crudi ed ammalianti dell’artista spesso eseguita con l’amica e collega Marina Rei, che infatti presenzia in seconda fila. Dai duetti con i due artisti in questione, di caratura altissima, si è evinto come non fosse questione di mainstream al servizio del cantautorato più ricercato, né tantomeno il contrario: due mondi solo in apparenza distanti questa sera si sono incontrati, sposati e hanno dato vita ad un matrimonio felice, che insegna che l’unica e doverosa differenziazione da attuare quando si parla di musica è quella tra buona e cattiva. L’eccellenza di Benvegnù oltrepassa i generi, le mode, le convenzioni, sbriciolando le sovrastrutture e penetrando l’anima di chi lo ascolta come una lama, con la punta che talvolta si arrotonda e si addolcisce, radiosa. “Suggestionabili”, “È solo un sogno”, “Avanzate, ascoltate”, “Nel silenzio”, l’irrinunciabile “Cerchi nell’acqua” fino alla dolce “Tulipani”, brano di chiusura di “Solo fiori”: dissacrante ed etereo, poetico e di ghiaccio, romantico e trafiggente, coraggiosamente critico e diretto, idilliaco ed elegiaco, un po’ dolce, un po’ arancia meccanica, ben non si capisce cosa abbiamo fatto per meritarci l’arte di Paolo Benvegnù, che ha il candore di un fiocco di neve che poi si infrange quando si posa sulla cima aguzza di un monte. Abbandonarsi alla magia di Paolo Benvegnù che parla d’amore, di morte, dell’Italia, della paura, del ribrezzo, del compromesso e del marciume umano, significa scendere con lui in un Inferno dantesco in cui nessuno è super partes e tutti camminano inter pares, guidati dalla sua aura di purezza rivoluzionaria, che fa di Paolo Benvegnù un assoluto unicum italiano.

Francesca Amodio,

foto di Simona Isacchini