♪ PAREIDOLIA MUSICALE ♪
Rubrica a cura di Andrea Gioè
- Raccontaci brevemente chi è Oneiroi.
Oneiroi è una creatura che ancora devo ben comprendere, siamo insieme da non molto.
Il riferimento agli dei del sogno credo dia già un’idea della psichedelia e delle ombre che caratterizzano questa musica.
Oneiroi sono io che porto avanti l’evoluzione artistica di un progetto nato molto tempo fa che invece di prendere la strada del mainstream ha deviato verso la singolarità, scurendosi e maturando quasi senza riferimenti, senza appigli ma in maniera autentica.
Mi permette di tirar fuori ciò che altrimenti mi distruggerebbe, che non so esternare in altro modo, e mi rispecchia quando accenna a conformarsi ma volta le spalle e corre prima ancora di averci provato. Sarò sempre grato ai miei musicisti per avermi portato a questo risultato e sono molto orgoglioso del nostro lavoro.
- Per la playlist AIA Artists for Spotify ci hai proposto “L’immagine di sé”.
Cosa significa per te questa canzone? Quando l’hai composta? Che risultati hai già ottenuto? Dove desideri possa arrivare?
Innanzitutto grazie di cuore per il supporto. “L’immagine di sé” per me significa un’infinità di cose, la più importante è la definizione di un sound che ho ricercato per anni e che con l’aiuto di ottimi musicisti e tanta ostinazione alla fine si è manifestato. L’ho scritta quattro, forse cinque, anni fa, nell’intento di sfogare un urlo contro la supremazia della vista che ci porta alla soppressione di tutti gli altri sensi fino a perdere il contatto con la realtà. La considero un premuroso allarme.
Il risultato, l’unico che abbia importanza, è di aver finalmente sbloccato uno stallo creativo e trovato la strada giusta da percorrere.
Tutto quello che uscirà di Oneiroi è scritto col desiderio di suonare dal vivo, quindi spero di consacrare questo lavoro e i successivi con delle buone performance live, e servirà un impianto adeguato!
- Per quale buona ragione la gente dovrebbe ascoltare e acquistare la tua musica?
Mi sono chiesto per molto tempo chi potesse essere “l’ascoltatore ideale”.
Mi piace pensare che chiunque abbia il coraggio di togliersi la maschera di sorrisi con cui affronta la vita, possa riconoscersi in qualche verso di queste canzoni. Attraverso le esperienze, le confessioni o le storie che racconto si intraprendono percorsi alla ricerca di una felicità autentica, rara e incostante, ma unica, che scaturisce da una nuova consapevolezza.
Ogni traccia la considero un viaggio se ascoltata con un buon impianto e il buio totale intorno, provare per credere.
- Sei mai stato definito la copia di qualcuno?
La mia musica nasce più di una decade fa da un italianissimo cantautorato, anche per tradizione familiare.
Quindi, sì, sin dagli albori da Vasco a Rino, Giuliano, Piero, Luciano a che non ricordo, me ne han dette di tutti i colori!
- Quanto contano veramente per te le tue canzoni?
Credo di avere un’ossessione maniacale per le mie canzoni, se dopo 12 anni di testate ai muri sono qui a cercar di far partire un progetto, due in realtà, dev’essere per forza così.
Ogni brano che ho scritto è un ritratto, mio o di persone con cui ho condiviso emozioni forti, ci sono versi che nascono da lunghe conversazioni, da notti insonni, ci sono incastonati i peggiori e i migliori apici della mia vita perché ho sempre scritto quando era ora di fare un passo avanti, spesso a malincuore.
- Sai cos’è la Pareidolia? Mentre stai rispondendo a questa intervista, alza gli occhi al cielo (guarda fuori dalla finestra) e dimmi cosa vedi?
Non sapevo si chiamasse così ma capita a tutti di vedere un volto al posto del retro di un’auto o sulla facciata di un palazzo no?
Guardo fuori, oggi il cielo è completamente bianco, uniforme, io ci vedo una tela vuota è di buon auspicio. Ci fossero state nuvole sparse ho paura di cosa avrei potuto scrivere perché pecco sempre di scarsa attenzione ma ho buona fantasia.
- Se dovessi definire le tue canzoni come figli, potresti dire di avere un figlio prediletto?
Sarebbe come avere un pezzo di un puzzle preferito… avrebbe poco senso.
“Tigre” è senza ombra di dubbio il mio bambino difficile, è la traccia n°4 dell’EP che uscirà a marzo. Non avendo un’eletta tra le canzoni, posso dire di prediligere quella di cui sono più geloso? Le condizioni di cui parla le ho condivise con persone di totale importanza e mai ho sentito di più il dovere di portare in studio un brano e fare del mio meglio. Non so ancora se chi mi ha accompagnato in questo lavoro sappia effettivamente quale regalo mi abbia fatto, potrei scriverci un libro.
- Quanto è versatile la tua voce?
L’estensione è buona. Un graffiato che nel tempo ho imparato a controllare, un pulito semplice e traballante e due progetti musicali che mi portano a gestire due timbri abbastanza diversi qualche strumento di versatilità penso lo diano.
- Qual’è stata l’esperienza musicale più figa che hai vissuto in tutta la tua carriera?
La produzione di questo album è stata una figata! I grandi mixer e tutto ciò che compone uno studio che si rispetti mi fanno volare, ci sono entrato con musicisti fantastici e l’esperienza ci ha restituito qualcosa di inestimabile, dal legame affettivo alla crescita artistica.
Al secondo posto nella top tre ci sono alcune trasferte che abbiamo sapientemente trasformato in vere e proprie vacanze, e quando una band va in vacanza…
Non posso non menzionare l’esordio, la prima volta sul palco, la data zero, furono 3 giorni di musica organizzati in tre location diverse e con tanta gente, tanto amore nell’aria e un bere infinito!
Dopo dodici anni, quasi un centinaio di live “nei peggiori bar di Caracas”, non è facile fare una selezione.
- Qual è stato il tuo rimpianto artistico più grande?
Domanda violenta. Di certo non aver intrapreso studi accademici da ragazzo. Essere autodidatta mi ha portato inevitabilmente a dover fare un reset totale e a ripartire con metodo.
Ancora adesso non posso considerarmi un buon musicista, un buon autore e un discreto cantante forse, ma devo ancora studiare molto, in tante direzioni per sentirmi soddisfatto.
L’arte senza studio è un gelato che sa di acqua.
- Ti senti più Dr. Jekyll o Mr. Hyde?
Mi sento esattamente nel mezzo, Jekyll tiene a bada Hyde sempre con scarsi risultati!
Mi basta un pizzico di euforia per diventare un completo incosciente! Per non dire altro… In contrapposizione al rigore, forse troppo, che impiego nel fare musica. Sono fondamentalmente timido e introverso ma non esiste che finisca un live senza aver esposto tutto me stesso e consumato tutte le forze.
- Artisticamente parlando … cosa ti ha fatto più incazzare in questi anni?
A beh, ho sempre un sorriso per tutti, ma sono sempre incazzato!
Mi viene da vomitare se penso al concetto di musica che abbiamo maturato in questo paese, credo di avere le vertigini…
L’originalità è sempre più una caratteristica screditata, che ti chiude tutte le porte, ed è già un gran paradosso.
Non a caso gli studi di produzione chiudono o si ridimensionano questo mi fa incazzare perché è sintomo di una sconfitta artistica e culturale per tutti.
- Nel cassetto dei tuoi sogni ci stanno tre duetti. Se potessi dargli un nome, a quale artista preferito li attribuiresti?
Se sono nel mio cassetto di sicuro non stanno bene!
Skin è lì ogni volta che apro il cassetto,
Steven Tyler e armonizzare qualche ottava sotto,
Eddie Vedder per arrampicarci insieme sulle americane!
- Chi è il tuo fan più fedele e sincero?
Questa domanda mi ha fatto pensare e tirare qualche somma.
Detto sinceramente basta che mi si chieda “come va la musica?” per sentirmi supportato, se penso che poi ci sono persone che hanno fatto molto di più, come tatuarsi il titolo di una canzone, prestarsi per un video, rompersi una gamba o il naso a un concerto, cose così insomma… ho tanti amici, sono molto fortunato. Mio fratello, mio ex bassista, lui è di sicuro il più dei più.
- Eventi e progetti futuri ne abbiamo?
Devo smettere di accavallare impegni! A marzo pubblicherò l’EP Mania ed entrerò in studio per una nuova produzione e anche qui vedrò di definire un’evoluzione di Oneiroi, ci sto lavorando da quasi un anno con musicisti amici e fenomenali.
I concerti al momento non sono ancora pianificati ma li auspico con tutto il cuore, per me e per chi mi sta accanto, lavori in corso…
- Manda un saluto speciale a tutti i lettori del MEI e dicci dove possiamo trovarti e ascoltarti.
Grazie per la lettura, nella speranza che “L’immagine di sé” vi abbia stimolato cose buone vi abbraccio e vi invito a seguire Oneiroi per le prossime release.
Il MEI è un’istituzione, mi auguro un giorno di portare questo progetto su uno dei suoi palchi e di incontrarvi lungo il cammino.
Ciao!