Un tempo umano, anzi quasi sociale visto anche il gusto combatte folk che da sempre ha firmato l’estetica dei Nuju, formazione che dal 2009 emigra al “grande nord” italiano e vi mette radici. Ma dal sud che arrivano i nostri, o almeno così è per l’ossatura portante: e oggi si cimentano in una prova interessante come “Clessidra”, il tempo e l’uomo da nord a sud, passando per una fantomatica linea di mezzeria che è l’equatore. Declinando il tempo si capisce anche molto di chi lo vive. E il suono suonato di questo folk “politico” – nel senso alto del suo peso letterario – ci parla di una musica genuina e ricca di anima.
Nuovo lavoro per i Nuju… si torna a fare critica sociale in tutto e per tutto o sbaglio?
Non sbagli! …d’altronde i Nuju hanno sempre guardato intorno a sé e cercato una visione critica della società. Siamo persone che vivono in una collettività e, secondo noi, abbiamo il dovere, come artisti, di raccontare ciò che vediamo intorno a noi da un punto di vista che possa far pensare, riflettere, ragionare.
Per noi l’arte deve intrattenere, divertire, ma anche, soprattutto oggi, creare dei dubbi nell’ascoltatore.
Siamo Pirati e Pagliacci, guardiamo il mondo con uno sguardo ironico, criticando le brutture che ci circondano.
https://www.youtube.com/watch?v=j6uTlnww9fo
Il tempo sembra essere il vero assoluto protagonista. Una chiave di lettura importante, ingrediente umano che oggi pare essere violentato a convenienza… come la vedete?
Oggi tutto è violentato a convenienza. Ogni parola, ogni concetto viene raccontato strumentalmente. Noi, già nei primi dischi, ci preoccupavamo dell’eccessiva frenesia che toglie tempo alle persone. Poi il mondo è andato sempre di più verso l’ipervelocità. Secondo noi non è un caso che il maggior strumento di comunicazione e di diffusione di contenuti, sia un social network chiamato Tik Tok, come a ricordarci che abbiamo poco tempo, un po’ come Capitan Uncino in “Hook” di Spielberg. Il tempo è inevitabile, ci è servito come metafora di chi può prendere in mano la propria vita e cambiare le cose, per sé ma, soprattutto per gli altri. Per questo all’interno della Clessidra della copertina, anziché la sabbia, c’è un mondo, per ricordarci che siamo individui che fanno parte di “una social catena” (come diceva Leopardi) e non di una “catena social”!
Prima dal Sud e poi verso Nord… come anche il suono e la tracklist… cambiano davvero le cose?
Sì, cambiano, nonostante il modello imperante sia quello del Nord del mondo, ci sono ancora delle profonde differenze tra Nord e Sud e tra Ovest ed Est. L’attualità lo conferma. Abbiamo cercato di far camminare i Nuju sulla linea di demarcazione del mondo, una linea immaginaria tra i suoni, labile tanto quanto limiti e confini segnati dall’uomo tra i territori.
I Nuju propongono fin dagli esordi un miscuglio di generi e di culture, perché, secondo noi, la vera ricchezza sta nelle differenze e non in ciò che risulta uguale. Sia che si tratti di pensiero che di suoni.
E la vostra transumanza verso Bologna, come la spiegate? Per chi fa combat folk non sembra un tradimento abbandonare il proprio sud?
Ormai la nostra band ha solo due musicisti calabresi. Siamo a tutti gli effetti una band calabro-emiliana. Anche la nostra residenza non è più solo Bologna. Viviamo sulla via Emilia, dal capoluogo fino a Parma.
Le radici rimangono importanti, infatti lo confermiamo anche nell’ultimo brano del disco, “Radici e cicatrici”, ma non sono così nette come potrebbe sembrare. Questa canzone è stata scritta per una rubrica televisiva che è andata in onda su “LaC”, la maggiore TV regionale calabrese. Abbiamo indagato affinità e divergenze tra i paesi calabresi ed emiliano–romagnoli, insieme a musicisti di entrambe le regioni, da Mimmo Cavallaro ai Modena City Ramblers, dai Villazuk agli Extraliscio, da Santino Cardamone ai Lennon Kelly. Il nostro modo di fare musica è ormai pienamente legato al territorio da cui veniamo, che sia esso la Calabria o l’Emilia Romagna, perché è l’attitudine che ci contraddistingue, non il luogo. Anzi, ci sentiamo sempre di più dei viaggiatori che riescono a trovare un po’ del proprio paese in ogni posto in cui ci troviamo. Del resto il nome della band lo ha ispirato il viaggio di Ulisse: Nuju è Nessuno!
Belli i video a “cavallo dell’equatore”… Sarà una linea da portare avanti anche per i prossimi?
Sono ormai diversi anni, dal videoclip di “Menestrello”, che lavoriamo con il fumettista e videomaker Lorenzo Menini: il settimo Nuju! Con lui cerchiamo di dare immagine a suoni e parole. Questa volta abbiamo pensato di rendere esplicito quanto fatto con i brani “Sopra l’equatore” e “Sotto l’equatore”, due canzoni che nascono dalla stessa armonia e dallo stesso riff, ma che procedono verso direzioni diverse. Come l’umanità, che a cavallo dell’equatore, nasce con la stessa forma, lo stesso sangue nelle vene, ma che si evolve con diverse caratteristiche. La metafora sonora realizzata grazie al nostro fonico Gabriele Riccioni, abbiamo provato a renderla anche nei video live, registrati al Groove Factory di Bologna. Tutto per cercare di esplicitare il concetto che le differenze arricchiscono.
Per il prossimo videoclip che uscirà in primavera stiamo, però, pensando ad altro. Non ci piace ripeterci, ma provare sempre a fare qualcosa di nuovo che possa arricchirci.
https://open.spotify.com/album/6F130mCIrKin5Pc5HtlKmS?si=DMlzJ_x-R_WKqCNpiIJSgg