Esce sabato 19 novembre 2022 “Sale“, il nuovo singolo di Pezzopane. Un nuovo capitolo che nasce ancora una volta dalla collaborazione con Alti Records, etichetta indipendente di L’Aquila, un brano che racconta ciò che resta di una relazione al tramonto, nel momento in cui l’onda della passione si ritira dopo aver esaurito la sua carica travolgente. Una lucida presa di coscienza di quanto le distanze tra le persone, una volta scoperte, si facciano sempre più incolmabili. Un intimistico canto di solitudine sussurrato nella notte, quando il presente si scopre già passato.
Ne abbiamo parlato con lui, siamo partiti dal tema della solitudine, Milano e futuro. Ecco com’è andata.
“Sale”, il tuo nuovo singolo è un singolo che affronta il tema della solitudine. Com’è il tuo rapporto con questa condizione?
Ricordo che durante il primo anno di università mi ritrovai per la prima volta a vivere da solo a Roma e i coinquilini non c’erano mai. Non ero pronto e me la sono vissuta male. Lì ho capito subito che avrei dovuto imparare a non aver paura della solitudine. Parlo della solitudine fisica, della mancanza di gente intorno. La solitudine mentale non l’ho mai sofferta, anzi. Mi piace stare da solo, ho troppa roba in testa che mi fa compagnia.
Ricordo che quando vivevo a Milano passavo nottate intere a passeggiare in giro per la città da solo, con la musica alle orecchie, col freddo, con la nebbia sui navigli, ed era bellissimo. Sale è nata in quei momenti.
A quale periodo della tua vita fa riferimento “Sale”?
Sale è la fotografia di quel momento della vita in cui una storia si chiude e prendi coscienza della rottura della coppia, del ritorno alla solitudine, del fatto che quando ritornerai a casa non troverai più la luce accesa né qualcuno ad aspettarti. Raccontare quel momento è un mestiere triste, ma qualcuno deve pur farlo.
Perchè dici di avere la “sindrome da Peter Pan”?
In realtà non lo dico io! Questa cosa l’ha inventata un giornalista che scrisse un trafiletto su di me qualche tempo fa dopo un mio concertino a Roma per Spaghetti Unplugged.
Anche mia zia mi dice sempre la stessa cosa, forse perché sembra che vivo la vita come se avessi ancora 18 anni.
Quali sono i luoghi de L’Aquila che ti sono più cari per il tuo percorso artistico?
L’Aquila è un caso unico perché dopo il terremoto del 2009 il volto della città è completamente cambiato e quelli che prima del sisma erano i luoghi che frequentavo la sera con gli amici, che ospitavano concerti, teatri, locali o sale prove sono profondamente cambiati o non esistono più.
Dopo il terremoto, invece, abbiamo tutti vissuto una precarietà estrema che ha portato ogni volta a reinventare i luoghi di aggregazione a seconda di come procedeva (e procede tuttora) la ricostruzione, con locali, strade e piazze che aprivano e chiudevano senza dare il tempo di affezionarcisi.
Ho suonato per anni in locali pericolanti o per strada in mezzo alle macerie.
Posso dire di essere cresciuto in una città che ora non c’è più.
Nonostante questa situazione abbia quasi annacquato il mio rapporto con i luoghi fisici della città, c’è una stradina in centro, nota come “ju vicolo”, che rimarrà per sempre impressa nella memoria mia e di tutti gli aspiranti artisti e musicisti dell’Aquila che prima del sisma ci hanno passato l’adolescenza a parlare di musica, a scazzottarsi e a cantare canzoni a squarciagola tra una birra e l’altra.
Programmi per il 2023, ormai imminente?
Credo sia giunta l’ora di pubblicare il mio secondo disco. Ci sto mettendo tanto perché ancora non trovo il titolo giusto.
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