♪ PAREIDOLIA MUSICALE ♪
Rubrica a cura di Andrea Gioè
- Raccontaci brevemente chi è Alis Mata.
È una ricercatrice universitaria che di sera indossa camicie colorate e va a suonare. Il rigore della ricerca le resta addosso, e quindi è abbastanza ossessionata dalla metrica nei testi, una specie di disturbo ossessivo compulsivo. È una tipa abbastanza strana, al punto che quando introduce i suoi pezzi il pubblico si diverte e ride: lei non sa bene perché, ma non è male risultare simpatici. Incidentalmente, è una delle tante componenti della mia coscienza.
- Per la playlist AIA Artists for Spotify ci hai proposto “Alice”.
Cosa significa per te questa canzone? Quando l’hai composta? Che risultati hai già ottenuto? Dove desideri possa arrivare?
“Alice” nasce ad Agosto del 2020. Quella fu un’estate incredibilmente produttiva: ho scritto qualcosa come 15 pezzi, inclusi 4 dei 5 che ora compongono il mio EP. È stato anche il mio primo rush creativo come Alis Mata. Ho ripreso a scrivere a 25 anni, dopo circa 8 anni di interruzione dovuti alla stupida convinzione di dover solo studiare. Ero al mare, mi venne in mente per primo il giro di basso, tornai a casa entusiasmata dal groove e scrissi il pezzo in circa 20 minuti, con l’aiuto di Merlino, il mio gatto nero. “Alice” parla della ricerca della felicità, ovvero del fatto che spesso, per trovarla, bisogna solo smettere di cercarla: spegnere il rumore dei pensieri, lasciare le parole al vento e prendere in cambio un po’ d’aria. È una canzone che riscuote molto successo nei live, il pubblico spesso la canta, e poi mi scrive per dirmi che il “dimmiiiii” iniziale gli si è appiccicato al cervello. La speranza è che si incolli a quanti più cervelli possibili.
- Per quale buona ragione la gente dovrebbe ascoltare e acquistare la tua musica?
Non amo particolarmente tessere le mie lodi. Quello che posso dirvi è che costruisco i miei pezzi con grande attenzione alle sinergie tra melodia (spesso particolare), armonia (spesso semplice) e testo. Nei miei testi cerco di veicolare riflessioni che hanno avuto un impatto profondo sulla mia evoluzione interiore, provando allo stesso tempo ad essere simpatica e magari ad includere qualche battuta. Due cose che amo molto sono i doppi sensi ed inserire qualche trivia nei testi. In “Alice”, ad esempio, tento la strada della divulgazione scientifica spiegando che “la storia che la testa amplifichi il brutto e non le cose buone/ in economia comportamentale sai, ha vinto un Nobel”. Per i doppi sensi, sarei pazza a rivelare dove sono!
- Sei mai stata definita la copia di qualcuno?
Per fortuna no, potrei morire. Una volta mi è stato detto che sono una piacevole crasi tra Carmen Consoli (per me, una divinità) e Levante, con una vocalità più nella direzione di Grazia Di Michele. Questa è una bellissima cosa.
- Quanto contano veramente per te le tue canzoni?
Sono una che medita parecchio e si interroga molto sul significato di tutto, dai massimi sistemi alle esperienze quotidiane. Le mie canzoni sono risposte a questi interrogativi. Il fatto curioso è che spesso, mesi o addirittura anni dopo averli scritti, mi ritrovo a comprendere il vero significato dei miei versi o a riscoprirne aspetti che non avevo considerato. Si potrebbe dire che le mie canzoni sono viaggi nel mio subconscio e quindi anche nel futuro, perché in ogni momento conteniamo già tutto ciò che deve ancora uscire. In questo senso sono molto importanti.
- Sai cos’è la Pareidolia? Mentre stai rispondendo a questa intervista, alza gli occhi al cielo (guarda fuori dalla finestra) e dimmi cosa vedi?
Le finestre della mansarda del palazzo di fronte sono occhi indagatori. La grondaia è una bocca dritta, inespressiva. Chissà quel palazzo cosa pensa di me, e di tutte le prove che lo obbligo a sentire.
- Tra i tuoi inediti ho avuto modo di apprezzare e stimare tantissimo “Amare male”, ti va di raccontarci qualche aneddoto di questa bella ballad?
Intanto grazie mille! “Amare male” si basa sulla mia esperienza con una nota devianza giovanile (grrr!), ovvero l’anoressia. Non l’ho vissuta direttamente, ma ho amato moltissimo una persona che ne soffriva, e ho sperimentato diverse conseguenze della malattia come scomode intrusioni nella relazione.
Il videoclip l’ho scritto con la collaborazione di Maruska Albertazzi, influencer e testimonial sui DCA e sull’anoressia. Rappresenta una bella ragazza che si intromette tra me e la persona che amo, e lentamente, mentre poco a poco svela la sua vera faccia mostruosa, me lo porta via.
- Se dovessi definire le tue canzoni come figli, potresti dire di avere un figlio prediletto?
Va a periodi: dipende da quale tema popola i miei pensieri ossessivi in quel momento. In definitiva, quindi, no! Ogni tanto però ho dei periodi in cui disconosco alcuni miei figli: mi è successo con “Oleandri” perché la suonavo troppo spesso – ora la amo di nuovo, e mi è successo con “Amare male”, che non amo molto portare ai live perché è emotivamente difficile da tirare fuori.
- Quanti strumenti musicali suoni?
Chitarra, ukulele e basso. E mi piace pensare di suonare la mia voce. Sto provando a mettere le mani sulla tastiera, ma il mio lavoro di ricercatrice già richiede molto tempo da dedicare allo studio (della statistica, o meglio dell’econometria, principalmente). Vedere la voce “rimpianti” per approfondire questo tema.
- Qual’è stata l’esperienza musicale più figa che hai vissuto in tutta la tua carriera?
Quelle che ho vissuto a Pistoia. A Firenze la chiamiamo “Tristoia”, eppure a me ha sempre regalato gioie. La prima volta, al Pistoia Blues, mi sono ritrovata a cantare in piazza fino alle 4 del mattino con una banda di talentuosissimi sconosciuti, e a pochi passi Emma Nolde, la band di Lucio Corsi, e Lucio stesso (un’altra divinità del mio pantheon). Siamo stati interrotti da una volante della polizia. La seconda volta fu un live al Circolo Ho Chi Minh (sì, davvero), dove ho ritrovato uno dei talentuosissimi sconosciuti della volta precedente nel pubblico, diverse persone completamente ubriache, qualche molestia, molte persone gentili ed entusiaste, una cena spettacolare. Queste sono le cose che mi piacciono di più del suonare.
- Qual’è stato il tuo rimpianto artistico più grande?
Onestamente? Aver aspettato fino a 25 anni per tirare fuori quello che volevo davvero. Ho dato troppo peso alle “cose importanti”, dando retta alle aspettative della società per ciò che riguarda lo studio e le responsabilità. Se avessi dato retta al cuore, avrei iniziato a suonare nei locali a 19 anni e probabilmente saprei suonare il piano.
- Artisticamente parlando, cosa ti ha fatto più incazzare in questi anni?
Devo dire che, essendo Alis Mata nata nel 2020, non ho esperienza dell’era dorata del pre-Covid, se non per un periodo pazzesco vissuto però a 17 anni in Costa Rica, da interprete.
Nonostante la pandemia ho fatto un sacco di belle cose. Quello che più mi dà fastidio degli ultimi anni, a prescindere dalla pandemia, è l’ossessione per l’immagine e il recente disprezzo di tutto ciò che ha anche solo un vago sapore di cultura. Devo dire che questo male è esacerbato nei confronti delle donne, che sono sempre e solo “cantanti” e mai cantautrici, che sono sempre sotto la lente di ingrandimento per quanto riguarda l’abbigliamento e la gradevolezza dell’aspetto, tutta robaccia che credo dovremmo superare, e anche in fretta.
- Nel cassetto dei tuoi sogni ci stanno tre duetti. Se potessi dargli un nome, a quale artista preferito li attribuiresti?
Ne cito due che ho già nominato: Carmen Consoli e Lucio Corsi. Ci aggiungo Calcutta. In tutti i casi, trovo che siano cantautori eccezionali, e possibilmente seminali. Il sogno nel cassetto è scrivere a 4 mani e poi cantare insieme. Della generazione precedente, di quelli con cui sarebbe fisicamente possibile incontrarsi (perché Battiato lo incontro in sogno ogni tanto), amo moltissimo Francesco De Gregori. Credo che il mio EP lo esprima abbastanza chiaramente.
- Chi è il tuo fan più fedele e sincero?
Eva! Eva nasce come fan, mi scrisse su instagram per farmi i complimenti. A me piace molto parlare con chi mi ascolta, e parlando parlando siamo diventate amiche. Poi venne fuori che era una chitarrista eccezionale. Un giorno mi è successo di dover andare in Liguria per la finale di un contest. Sarebbe stato carino andare in duo, ma il mio fido chitarrista non poteva. È venuta Eva: fan, amica, e occasionalmente spalla.
- Eventi e progetti futuri ne abbiamo?
Ho tanti pezzi nuovi, ma ce ne sono alcuni a me particolarmente cari in inglese. Magari potrei far uscire un EP in inglese per farveli sentire.
- Manda un saluto speciale a tutti i lettori del MEI e dicci dove possiamo trovarti e ascoltarti.
Ciaooo (e grazie di essere arrivati fino a qui!). Io sono Alis Mata, mi trovate su instagram (@alismata_todosss) e Facebook. Potete ascoltarmi su tutte le piattaforme digitali e su Youtube.
Alice di Alis Mata è presente in AIA Artists for Spotify Vol.5 https://open.spotify.