Da oltre trent’anni al fianco di Enrico Ruggeri come braccio destro e soltanto ora viene alla luce la sua anima da cantautore. “Bestemmio e Prego” è l’esordio discografico di Massimo Bigi, lavoro prodotto dalla Factory di Ruggeri che lo vede tra l’altro non solo come ospite in alcuni duetti ma anche come percussionista per uno dei pezzi più visionari e interessanti del disco… disco che porta con se il titolo di un grande successo che lo stesso Ruggeri ha spesso portato in scena nei suoi ultimi concerti. E poi anche Andrea Mirò nella lista delle collaborazioni che impreziosiscono questo lavoro di un pop rock d’autore raffinato, ben prodotto e certamente ricco di libertà e personalità, matura, ricca di mestiere ed esperienza… caratteristiche che oggi stentano a venir fuori, omologati come siamo per la scena pubblica.
Decisamente un esordio con i fiocchi. Alla fine questo disco ti ha fatto bestemmiare o pregare?
Un disco che ha portato una dose incredibile di serenità, creato insieme a persone esperte e consapevoli, nessuna forma di ansia dovuta alle aspettative, ci rendevamo conto che l’album prendeva la forma e il senso desiderati, quindi, non c’è non si è fatto ricorso a nessuna delle due pratiche.
Tra l’altro questa title track è un momento ampiamente accolto nei live teatrali di Enrico Ruggeri. Da qui nasce il disco?
Tutto quello che è dualismo e contraddizione affascina da sempre il caro, buon, vecchio Enrico e sicuramente il fascino di “Bestemmio e Prego” ha avuto una forte presa su di lui. La blasfemia ha poco a che vedere con il senso del brano che brilla e si evolve su una sana e sincera “sacralità”.
Curiose le percussioni di Enrico dentro “Le ombre della sera”. Ha stupito un po’ tutti… come nasce questa storia?
Il brano è stato scritto a quattro mani scambiandoci foglio, penna e chitarra in un tavolo di un giardino della campagna toscana, la sera precedente avevamo parlato a lungo di come i nostri umori, sensazioni ed emozioni, cambino con il passaggio dalla luce del giorno, appunto, alle ombre della sera. Stavamo registrando in un Mc portatile gli appuntii da poter poi utilizzare in studio ed è lì che il Rouge, per far cadere la ritmica del brano in un certo modo, ha improvvisato delle percussioni che poi sono volutamente rimaste tra le tracce registrate in studio.
Domanda un po’ spigolosa: dalla produzione ai duetti, passando per il tuo lavoro: non pensi che il nome di Ruggeri sia troppo vistoso per la tua nascita artistica?
Non ho mai cercato mirabolanti imprese per ottenere una visibilità estrema, non fa per me e non lo farò mai tant’è vero che Enrico ha scoperto per caso che scrivevo canzoni. Ci frequentiamo da oltre trent’anni e non lo abbiamo mai dato a vedere più di tanto, poi, nel caso di un album è normale che certe dinamiche vengano fuori. Fra la sua collaborazione e la nostra amicizia, scelgo la seconda!
Le liriche di questo disco: pulite, semplici, umane, naturali… senza presunzione e senza trasgressioni. Ho come l’impressione che avevi tutto dentro da anni. Non so se è così ma c’è da chiedersi cosa ti ha spinto solo ora nel venir fuori pubblicamente?
Il caso rimane la forma più esperta della consacrazione, il calcolo fa parte della matematica e noi scriviamo parole non numeri.