Esistono distopie internazionali anche dentro le produzioni nostrane… che qui l’Italia si mescola all’Olanda e ai suoni post-rock del nord, freddi, autunnali, suoni di isolamento ma anche di distanze e solitudini. La riflessione che arriva da questo lavoro eponimo di Richard J Aarden è decisamente qualcosa che soffoca e impedisce il controllo… un disco di derive personali che raramente prendono la forma del pop e del rock. Davvero un bellissimo lavoro di ricerca della semplicità evocativa che noi sottolineiamo con molto piacere.
Scenari incantati e lontani dalle nostre abitudini. Dove vive Richard J Aarden? Dove vive questo disco?
Milanese da sempre. Cresciuto alle porte di Milano. È un disco che ha sempre vissuto nella testa di un italiano mezzosangue, madre italiana e padre olandese cresciuto in Irlanda. Canto in inglese semplicemente perchè da piccolo a casa il contesto era bilingue e mi ero abituato ad usare l’inglese per i miei dialoghi interiori.
Che poi brani come “Caesar” attingono proprio alla nostra terra, a quella di Pavese. Sembra strana questa connessione… come nasce?
Non ricordo esattamente quando sia nato il mio amore per Pavese. È sicuramente successo molto tempo dopo averlo dovuto studiare a scuola, quando non avevo né la bocca né lo stomaco per digerirlo, per digerire qualsiasi cosa in realtà.
Mi è sempre piaciuto leggere però.
Una sera di qualche anno fa ero alla ricerca di una lettura veloce: aforismi, note, poesie, qualcosa di breve, apri una pagina qualsiasi e ti porti a casa uno stimolo in poco tempo. In maniera totalmente casuale mi è capitato per le mani “il mestiere di vivere” comprato al liceo, da lì mi sono appassionato alla sua figura e ai suoi testi.
Che poi la letteratura non entro solo in questo brano vero?
Mi piace ed affascina tutto ciò che non potrai mai conoscere al 100%, neanche a dedicarci una vita intera. Come per la musica anche nella letteratura ci son giá tutte le risposte del mondo scritte nero su bianco, manca solo il tempo di andarsele a trovare.
Il brano “Wicker” del disco nasce perché mi è rimasta in testa un’immagine letta in “Tenera è la Notte” di F.S. Fitzgerald.
Il folk nordico come hai permesso che dialogasse con le nostre abitudini?
Non è stato cosí difficile. Anche qui in Italia ci sono stimoli per una scrittura di questo tipo, forse sono solo più predisposto ed esercitato ad assorbirli. Mi piace molto l’idea di Europa e per me le abitudini italiane sono le stesse che si trovano nei paesi d’oltralpe. Alla fine le differenze che ci sono sono le stesse che abbiamo internamente tra una regione e l’altra, a quelle frivole fanno caso solo i nonni ormai. Forse. Spero.
Dunque Italia o resto del mondo? Quel che vivi in qualche modo come ha scritto la tua musica.
Non sono esterofilo a tutti i costi, faccio quello che faccio perchè per questo progetto mi viene naturale farlo cosí. Se devo scegliere un posto rispondo Europa per le ragioni dette prima. Quel che vivo e che ho vissuto scrive tutta la mia musica, in che modo esattamente non lo so. Non ha quasi mai a che fare con un luogo preciso, quello è solo un contenitore in grado di evidenziare o meno qualcosa che giá ti porti dentro.
Richard J Aardeen
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